Chiantishire non è Europa

L'editoriale del direttore Pier Francesco De Robertis

Pierfrancesco De Robertis

Pierfrancesco De Robertis

Firenze, 26 giugno 2016 - La bomba atomica della Brexit è caduta in mezzo ai vigneti del Chiantishire provocando il panico. Le migliaia di inglesi che da decenni hanno scelto di vivere nelle colline più belle del mondo dando seguito al tradizionale legame tra i sudditi di Sua Maesta britannica e la Toscana non potevano d’altra parte che rispondere così.

Loro, raffinati e amanti del buon vivere, colti, cosmopoliti per definizione e europeisti per pratica quotidiana, sono il simbolo vivente di quella contaminazione che l’Europa, anche quella di Bruxelles, in sostanza vuole essere. Si fosse votato da quelle parti, il «remain» avrebbe sicuramente sbaragliato, come ha fatto il pieno tra i giovani inglesi, nelle città più popolate, nei ceti più istruiti. E il problema di quanto accaduto giovedì in Gran Bretagna è tutto qui, a suo modo semplicissimo.

Negli ultimi anni l’Europa di Bruxelles ha parlato solo a una parte della popolazione. A quella più globalizzata, più colta, più aperta al nuovo. Per forza di cose minoritaria. Disdegnando con un sorrisetto di sufficienza ciò che stava invece «oltre», e bollando sprezzante le esigenze che emergevano da quella parte di mondo. Come se il Chiantishire fosse l’universo.

La paura della globalizzazione, della perdita dell’identità nazionale, dell’immigrazione incontrollata, della crisi economica insita nei risvolti di un mondo sempre più povero di punti di riferimento, sono stati considerati dalle classi dirigenti al potere sia in molte capitali europee sia a Bruxelles frutto malato di una propaganda egoista e miope. A volte era vero, a volte no.

E sia nell’un caso sia nell’altro, è stato un errore liquidare il tutto sotto l’insegna del «populismo». Quando i politici parlano per slogan facili, accattivanti ma fini a se stessi solo per portare a casa consensi fanno populismo, se il popolo esprime esigenze che sente come reali la definizione di populismo è sbrigativa e sbagliata. Ed è da qui che l’Europa delle nazioni, dei governi e anche delle elites tecnicratiche - visto che di queste non possiamo fare a meno - deve ripartire dopo il terremoto della Brexit. Da un bell’esercizio di democrazia. Che non vuol dire fare un altro referendum, ma significa ascoltare i bisogni e i sentimenti della gente.

Riscoprendo il ruolo della politica: che è guidare solo dopo aver ascoltato. I leader che stanno soli nella plancia di comando hanno vita breve.