Bella giao

Il commento

Pier Francesco De Robertis, direttore de La Nazione

Pier Francesco De Robertis, direttore de La Nazione

Firenze, 9 ottobre 2015 - IN EFFETTI a ripensarci è giusto. Che sciocco. Se devono stare da noi è bene che sappiano tutto di noi. Magari non parlano italiano, magari non conoscono i trucchi dei mestieri che andranno a fare e non sanno come si lavora il cuoio - visto che a San Miniato quello si fa - o si amalgama la calcina - dato che molti lavorano nell’edilizia - ma della Resistenza devono conoscere ogni particolare. L’integrazione è una cosa seria. E se disgraziatamente qualcuno di loro dovesse tornare a casa propria - perché in fondo nella maggior parte dei casi si tratta pur sempre di permessi temporanei - quando sarà di nuovo in quei paesi dove la guerra civile c’è davvero, ecco allora che avere perfetta cognizione dei movimenti di liberazione italiani del ’44/’45 sarà indispensabile. E SOPRATTUTTO è giusto per noi - questo è il punto - che così potremo aver pensato di aver contribuito a migliorare la società formando il cittadino nuovo, partendo dalle fondamenta che sono appunto la Resistenza e l’antifascismo. Un bell’esempio di società perfetta, etica quasi, e - confesso - l’altra sera mi sono davvero sentito più buono, migliore, contento di vivere in un mondo che pensavo fosse solo ideale invece c’era davvero. Che fortuna, cento, mille corsi di «Cittadinanza globale». I migranti che arrivano, io che li accolgo di buon cuore e addirittura gli spiego la Resistenza. Bello. Solo che quando il ragazzo è andato via, mi ha assalito un dubbio: e se ai profughi non gli importasse niente dei partigiani ma volessero solo lavorare?

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