BANCA ETRURIA / Yacht Etruria, la storia delle mega-nave incagliata in porto come il credito da 30 milioni di Bpel

Un cantiere improbabile che lascia in braghe di tela 160 operai e le banche (ci sono le più importanti d'Italia) che lo hanno finanziato. Nomi altisonanti: dall'ex ministro Scotti (ma lui smentisce) a Gianni Rivera

Lo yacht nel cantiere di Civitavecchia

Lo yacht nel cantiere di Civitavecchia

Arezzo, 20 febbraio 2015 - I nomi erano di grand lusso, l’affare un po’ meno. A giudicare almeno da come si è incagliato. Al pari del credito (30 milioni) erogato da Banca Etruria, che si trova appunto in situazione di presofferenza, quella che in gergo tecnico si chiama incaglio. La storia è quella del mega-yacht il cui scheletro sta arrugginendo da un anno nel porto di Civitavecchia, come La Nazione aveva accennato ieri e anche nei giorni scorsi, ma di cui adesso è in grado, grazie al lavoro di scavo effettuato in collaborazione con i colleghi di altri giornali, ulteriori particolari e retroscena.

Comincia tutto nel 2007 quando viene annunciato in modo anche roboante il progetto di quella che dovrebbe essere una delle navi da diporto più grandi del mondo, il P430, uno yacht addirittura da 127 metri, più lussuoso persino del mitico Nabila dello sceicco Adnam Kashoggi, di cui i protagonisti dell’operazione dicono di essere stati i realizzatori. Si intende in tal caso Mario La Via, 74 anni, anima della società Privilege Yard, il cui socio unico è la Shippuing Investment Limited.

Le cose, non c’è che dire, vengono fatte in grande, fin dall’inizio. Perchè dietro il cantiere che si comincia ad allestire a Civitavecchia c’è la Privilege Fleet Management, a sua volta controllata dalla Ultrapolis di Singapore, alla guida della quale c’è nienteopopodimeno che l’ex segretario generale dell’Onu Javier Perez di Cuellar. Altisonanti anche i nomi della Privilege Fleet: secondo i giornali dell’epoca Vincenzo Scotti, Dc di vaglia ed ex ministro degli Interni, è il presidente (ma lui smentisce), mentre del Cda fanno parte Gianni Rivera, l’ex Golden Boy e politico che non ha bisogno di presentazioni, e il principe Paolo di Grecia, figlio del Re Costantino. Alla guida della società operativa ci sono La Via, amministratore delegato e un generale in pensione della Guardia di Finanza, Giovanni Verdicchio.

CON QUESTE credenziali, la galassia di società riesce a trovare un pool di banche finanziatrici decisamente di livello: Unicredit, Monte dei Paschi, Banca delle Marche, con a capofila proprio Banca Etruria. Siamo nel periodo a cavallo fra la presidenza di Elio Faralli e quella di Giuseppe Fornasari, perchè se il progetto è del 2007, il cantiere partirà materialmente solo intorno al 2010. Anche in questo caso un mega-cantiere, con 160 dipendenti impegnati nella realizzazione della nave dei sogni. Peccato che le cose non vadano per il verso giusto e che i 100 milioni inizialmente erogati dalle banche non riescano a portare al varo dello scafo. Servono altri soldi, altri 90 milioni per la precisione, senza i quali il cantiere si arena. SIAMO GIÀ nel dicembre 2013, il nuovo finanziamento viene annunciato, insieme alla ripartenza dei lavori, ma in realtà lo scheletro dello yacht resta arenato, in uno spazio demaniale del porto di Civitavecchia. Gli operai vengono pagati ancora per qualche mese, poi più niente.

A primavera 2014 si arriva addirittura all’occupazione di quanto è stato costruito dello scafo come forma di protesta sindacale. Fine del giga-yacht (così era stato definito nelle plaquette di propaganda) almeno per il momento. Sembrava che i lavori potessero ripartire ma poi arriva un’altra doccia fredda. Questa volta da parte del sindaco di Civitavecchia Antonio Cozzolino, un grillino: «Non ci sono arrivate formali garanzie circa il ricevimento del finanziamento necessario per la ripresa dei lavori del cantiere». In effetti, a Civitavecchia molti mormorano che il principale ostacolo a un ulteriore tranche di credito venisse dai problemi di Banca Etruria. Di certo, sullo scafo che giace ad arrugginire in porto c’è una fideiussione con ipoteca a garanzia del pool dei creditori. Il che significa sostanzialmente che in futuro, se l’affare si incaglia definitivamente, lo yacht passerebbe alle banche.

Intanto, il 29 dicembre, Bpel ha rinnovato una linea di credito da 20 milioni. Un modo per evitare che il finanziamento finisse dall’incaglio in sofferenza. Del sogno di una delle yacht più grandi del mondo, che non aveva un acquirente già deciso (si sperava di trovarlo sul mercato, ma finora non c’è stata risposta) resta uno scheletro che si consuma in porto. Al sole e alle intemperie.

Salvatore Mannino e Sergio Rossi