Tutto in una notte: lo shopping, la folla, il salotto del centro che splende più di quello di Nonna Speranza, il boulevard di via Roma e via Crispi che comincia ad assomigliare a se stesso. Un grande evento, insomma, e ce ne vorrebbero di più in questi tempi ingrigiti e incarogniti dalla crisi economica come dalla decadenza dei costumi. Almeno per uscire, almeno per svagarsi, almeno per dimenticare qualche ora gli affanni da cui questa città non è affatto immune.

Certo, nel cono di luce restano dei punti d’ombra. Quello del centro alto, ad esempio, ancora una volta figlio di un dio minore, invitato di secondo rango alla festa. Piazza Grande ha goduto poco dell’effetto fiumana di gente, così come piazza della Badia o le altre strade di un centro storico tanto splendido quanto escluso dalla nostra vita di tutti i giorni. Non ci fossero i turisti, parrebbe (e forse è) un’altra Arezzo, una città del silenzio cui non si riesce a restituire l’anima.

Rilievi importanti ma minori in una notte dai grandi numeri (decine di migliaia di persone, quante non si sa e magari non importa neppure). Conta l’effetto ottico, conta quel Corso che pareva un fiume già straripato di folla, conta la nuova Sant’Agostino che, qualsiasi cosa si pensi del restauro, è uscita dal suo scomodo ruolo di piazza del piccolo malaffare, della micro-criminalità. Un angolo di città restituita agli aretini, come via Vittorio Veneto, il nostro piccolo Corso Buenos Aires, la grande arteria con le insegne illuminate che dal centro conduce in periferia.

E conta anche il cambiamento, quasi epocale, nella mentalità dei commercianti. In tanti ricordano le epiche battaglia contro la prima, grande Ztl degli anni ’90. Ora sono solo, i padroni dei negozi, che invocano la pedonalizzazione, il centro a misura d’uomo e non di auto. Un segno di civiltà. E non è solo il miracolo di una notte bianca.