Ma che città è quella che si dimentica delle sue radici, della sua anima più profonda, del suo genius loci per dirla con Vernon Lee e il suo interprete aretino, il professor Attilio Brilli? Eppure è così, come la Notte Bianca si è ancora una volta incaricata di documentare. Non che sia una novità (questo giornale, ad esempio, ci batte da anni) ma fa sempre impressione vedere le immagini: sotto la ressa, in alto il deserto. Eppure cosa sarebbe Arezzo senza il suo nobilissimo cuore antico? Solo una normale città di provincia, neppure tanto bella (diciamoci il vero), certo non quell’attrattiva turistica che in parte è e che in parte aspira a diventare. Per via Roma e San Iacopo, tanto per intendersi, il premio Nobel Josè Saramago non avrebbe mai scritto («Manuale di pittura e calligrafia») «Arezzo resta uno dei miei più saldi amori italiani».

Insomma, una soluzione all’annosa questione del centro a due velocità bisogna pur trovarla. Bisogna pur trovarlo un modo grazie al quale Piazza Grande non sia più quella periferia del centro che è adesso (tranne per i turisti cinque mesi l’anno) e torni ad essere non diciamo l’unico cuore pulsante di una città che ormai è scivolata verso il basso, ma almeno uno dei cuori pulsanti. Il come fare è tutto da discutere, ma bisogna farlo. E deve essere una delle grandi priorità della giunta Fanfani in questo secondo mandato. Beppe Angiolini, il signore della moda che del centro alto è così innamorato da sfidare le leggi del commercio per impiantarci i suoi negozi trend (scommessa vinta) ha delle idee (il ricorso appunto agli stilisti) che vale la pena di esplorare, perchè possono portare lontano, forse molto lontano. Ma è soltanto una parte del problema. Che, detto nella sua interezza, è riportare gli aretini in un pezzo di dannunziana città del silenzio abbandonato da un pezzo, fatta eccezione ovviamente per la Giostra. Eventi, insomma, eventi ed eventi. Come la Notte di San Lorenzo di un anno fa con gli astrofili: un picnic sul mattonato che si trasformò in uno straordinario happening, la prova che il coraggio ripaga gli audaci e rigetta i neghittosi. Scrivemmo allora che doveva essere sola la prima di una serie di occasioni. Invece, tutto è tornato nel limbo delle buone intenzioni.


Certo, è faticoso salire fino a un pezzo di centro arrampicato sulla collina. Si studi allora l’ipotesi di accessi meccanizzati, come quello cui si sta lavorando in Fortezza, a supporto e completamento delle attuali scale mobili. L’importante sono le idee, la fantasia, la voglia di fare e di non perdersi nel mare della tranquillità delle chiacchiere e dei brogliacci burocratici che lasciano il tempo che trovano.
La rinascita delle traverse del Corso, che da strade semiabbandonate sono diventate polmoni della movida, non solo estiva, è un esempio. Ci dice che il destino della marginalizzazione di alcuni angoli di città non è ineluttabile. Basta avere il coraggio di tentare. Forse serve anche a riuscire.