"Ve la spiego io Arezzo": Paolo Mieli fa il pieno al Giardino e confessa i cinque motivi per cui cerca casa da noi. Boccia giornalisti e giudici in politica, vorrebbe (ma non ci crede) un Paese meno bugiardo

"Attenti ai puri, sono quelli che bloccano qualunque idea": e si muove su 2500 anni di storia, sul filo del libro che è venuto a presentare. Davanti ai panini con la porchetta e tra la gente in coda per una dedica sul volume

Paolo Mieli

Paolo Mieli

Arezzo, 26 luglio 2014 - Ce la dà lui Arezzo. In coda alla sua serata da pienone al Giardino, tra la storia e la politica che dominano il suo libro "I conti con la storia", Paolo Mieli spiega i cinque motivi per cui è intrigato da Arezzo e vorrebbe comprare casa qui. "Secondo me siete poco consapevoli della fortuna di essere Arezzo e di vivere qua. Perché è una città quasi unica al mondo: ha un centro con una ricchezza che non ha paragoni o comunque ne ha pochissimi, circondato da un entroterra meraviglioso. Equidistante da tutta l'Italia possibile e immaginabile un posto dove le persone sono civili, si mangia benissimo e costa poco. E' una delle città meno care e fanatiche, nei suoi ristoranti e nei suoi alberghi che altrove alzano il prezzo a dismisura, e dove il valore della casa è appropriato. Insomma un Paradiso in terra. Voi ne siete pcoo consapevoli e per questo sono venuto qui a dirvelo stasera". Unico difetto? "E' mal servita dalle Ferrovie. Incomprensibilmente malservita dalle ferrovie: domattina prendo un Freccia Rossa alle 7.30 che in un'ora mi porta a Roma. Non sarebbe un grosso problema metterne due o tre al giorno nelle varie direzioni". Già Mieli aveva annunciato ieri sul nostro giornale l'intenzione di venire a stare da queste parti ed è bastato a scatenare gli agenti immobiliari ("Ma la casa me la voglio scegliere io"). Per ora non compra ma vende libri e ne vende tanti, a media Giardino delle Idee, con le persone in coda per un autografo. Convinte dalla popolarità di questo giornalista-scrittore ma anche dall'oretta di chiacchierata nel giardino pensile della Provincia. La sera della pacatezza, toni bassi nelle canzoni di Paolo Saporiti, toni bassi nelle risposte di Mieli. Che però è più pacato nella forma che nella sostanza. "Mi piacerebbe un Paese meno bugiardo: ma forse non lo vedrò mai". E gli esempi, sullo stile del libro, comincia a snocciolarne tra storia e cronaca. "Ci hanno raccontato nei libri che il Risorgimento era un fenomeno di massa e volevamo tutti l'Italia unita: ma non era così, ci sono voluiti anni per rassegnarci. Nel ventennio eravamo quasi tutti fascisti, dopo non se ne trovava mezzo che ammettesse di esserlo stato. Ogni famiglia sfoggia uno zio ferroviere e anarchico che si è ribellato al fascismo ed è stato eroe dela Resistenza: a chiacchiere milioni di zii ferrovieri e anarchici, ma dov'erano?". Storia e cronaca, cronaca e storia. "Vedrete che tra un anno nessuno ammetterà di essere stato berlusconiano: siamo fatti così". E così prova a raccontarci, dall'Atene di Pericle ai giorni nostri, a caccia della storia che rivede i suoi giudici,. O è costretta a rivederli. "Il ventennio berlusconiano è finito: ma per 11 anni di questo vbentennio hanno governato o la sinistra o i tecnici. Ora ci martellano che Renzi è come Berlusconi: niente di più diverso, peggiore o migliore che sia, ma vedrete che di qui a pochi mesi saremo costretti ad ammetterlo anche noi, pena essere esclusi dai discorsi al bar". Pacato ma duro. "Sogno un Paese dove magistrati e giornalisti smettano di entrare in politica. Sono un uomo di sinistra, l'ho scritto in maniera inequivocabile anche quando ero direttore del Corriere della Sera: ma avete idea di quanto male abbiano fatto alla parte per cui voto i giornalisti o i magistrati in politica? La gente conclude che fino a quel momento abbiano giudicato o scritto perché erano di una parte e questo scredita tutti". E va oltre. "Se vedete un altro giornalista o un altro giudice chiedervi il voto, non glielo date: voltatevi dall'altra parte, anche fossi io, fategli campagna contro". Dice no alle elezioni continue. "Da quando dominano i demagoghi, il voto sembra un lavacro di tutto. E invece no, ci vuole il tempo per votare e uno per governare, e quest'ultimo tempo consente alla gente di capire per chi votare. Berlusconi lo ha capito meglio di tutti, puntava a completare il quinquennio e una volta ci è riuscito". Entra nel dibattito di questi giorni. "Sono entrati i campo i puri che ci sono in tutti i periodi storici: pronti ad affossare qualunque riforma nel nome di una riforma migliore e che tanto nessuno farà. Così il Senato,così la legge elettorale. Il fine di queste cose è non muovere un solo millimetro in avanti. "Prende campo la dinastia Min-Min: Mineo e Minzolini, uno per schieramento. E guarda caso sono giornalisti". Davanti il giardino delle grandi occasioni, tra porchetta ormai al palo, libri e dischi in vendita, quadri di artisti. Sopra un cielo che ancora non è riconciliato con se stesso. "Sono estasiato dal posto, grazie di avermi invitato qui". Sì, effettivamente studia aretino. E in coda ne prova il morso. "Ma se non si può fare neanche una domanda ma che è, una conferenza?". Pacato, dà la sua mail per fargli tutte le domande. Sperando non venga invasa dagli agenti immobiliari. di Alberto Pierini