Toscana: nel 2015 crescono le assunzioni, soprattutto a tempo indeterminato

Ma il saldo occupazionale rimane comuqnue negativo. Il quadro

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Arezzo, 3 settembre 2015 Nel 2015 si cominciano a delineare anche in Toscana gli effetti positivi della ripresa congiunturale che, per quanto di debole intensità, sta portando – unita alle recenti riforme del mercato del lavoro – ad una accelerazione delle assunzioni: sono infatti 60.190 le “entrate” programmate dalle imprese della regione per l’anno corrente, in aumento del 20% rispetto alle circa 50.070 del 2014. Questo incremento è dovuto ad un parallelo aumento della quota di imprenditori che hanno dichiarato di effettuare almeno una assunzione di personale dipendente nell’anno in corso, passata al 17,6% dopo un triennio (2012-2014) in cui tale percentuale non aveva superato i 14 punti percentuali. L’incremento dei flussi in entrata, seppur superiore al contemporaneo aumento delle uscite (66.250 nel 2015, +8% rispetto alle circa 61.600 dello scorso anno), non è tuttavia sufficiente ad invertire la complessiva dinamica del mercato del lavoro regionale, che resta negativa: il saldo fra ingressi ed uscite è infatti ancora “in rosso” per 6.060 unità, mostrando comunque un deciso miglioramento rispetto al saldo di -11.530 dello scorso anno.

È tuttavia importante rilevare come l’aumento dei contratti in ingresso (sono 10.120 le unità aggiuntive richieste) sia prevalentemente imputabile (in due casi su tre) alla dinamica espansiva della componente a tempo indeterminato delle nuove assunzioni (13.905 unità in entrata nel 2015, un incremento di 6.455 unità rispetto al 2014), che passa da un’incidenza del 15% nel 2014 al 23% nel 2015, a fronte di una riduzione dei contratti di apprendistato (dal 5% al 3%, 2.075 unità in ingresso nel complesso) e di lavoratori dipendenti a termine (dal 60% al 53% per tempi determinati e altre forme) e di una quota costante (20%) di contratti atipici (interinali, collaboratori ed altre tipologie indipendenti).Sono questi alcuni dei principali risultati per l’anno 2015 del Sistema  informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro e finalizzato a rilevare i principali fabbisogni occupazionali e professionali espressi dalle imprese.“I segnali provenienti dal mercato del lavoro – commenta Andrea Sereni, Presidente di Unioncamere Toscana – confermano come le imprese stiano recependo gli stimoli provenienti dalle modifiche legislative introdotte ad inizio anno, che si sono tradotti in un deciso incremento dei contratti a tempo indeterminato (a tutele crescenti). Al tempo stesso, la fase di ripresa che sta caratterizzando il 2015 non è ancora abbastanza robusta ed in grado di invertire una tendenza che resta, per quanto riguarda i complessivi livelli occupazionali, di segno negativo. Qualsiasi riforma sul mercato del lavoro, per dispiegare in pieno i propri effetti, ha infatti bisogno di un contesto economico in grado di sostenere l’attività delle imprese e la relativa domanda di lavoro: prova ne sia il fatto che quasi il 30% delle imprese che esportano hanno previsto assunzioni di personale dipendente nell’anno in corso, quasi il doppio rispetto al 16% registrato fra le imprese non esportatrici. Come da tempo andiamo ripetendo, per migliorare definitivamente il quadro occupazionale restano pertanto indispensabili misure in grado di rilanciare anche la domanda interna, sia per consumi che per investimenti”.

Il lavoro dipendente (stabile o a termine) Complessivamente, nel 2015 le imprese toscane hanno in programma assunzioni di 47.910 dipendenti, con uscite pari a 55.070 unità (saldo -7.170): rispetto al 2014 le assunzioni di dipendenti crescono del 19%, e del 25% se confrontate con il 2013, anno in cui si è toccato il valore minimo da quando esiste la rilevazione. A tali valori assoluti corrisponde un tasso di variazione occupazionale (rapporto fra saldo previsto per il 2015 e stock di dipendenti all’inizio dell’anno) pari, nel 2015, al -0,9%, valore negativo ma pari alla metà rispetto al -1,7% del 2014 e più contenuto anche rispetto alle annualità immediatamente precedenti (-2,1% nel 2013, -1,4% nel 2012). Il risultato toscano del 2015 è sostanzialmente in linea con il dato dell’Italia (-0,7%) e della macro-area Centro (-0,8%). 

In termini dimensionali, si osserva poi un miglioramento del tasso di variazione occupazione con l’aumentare della struttura delle imprese: in Toscana i due estremi della forchetta sono rappresentati dal -2,2% delle microimprese (1-9 dipendenti) e dal -0,1% delle imprese più grandi (oltre 250 dipendenti); per le imprese comprese nelle fasce 10-49 e 50-249 addetti, invece, questo indicatore è negativo per circa mezzo punto percentuale.A livello settoriale il saldo negativo è dovuto per circa la metà ai servizi (-3.680 unità), e per la restante metà all’industria (-3.490 unità). Scendendo ad un maggior grado di dettaglio, solo due comparti riportano un saldo positivo (industrie chimiche e farmaceutiche +10 unità, informatica +170). Fra i restanti comparti, le maggiori flessioni sono imputabili, sempre in valore assoluto, alle costruzioni (-1.530 unità), al commercio (-1.330), ai servizi operativi (-850) ed al tessile-abbigliamento (-800): da soli, questi quattro comparti determinano i due terzi del complessivo saldo occupazionale Se dai valori assoluti passiamo a quelli relativi, che tengono conto della diversa base occupazionale dei settori presi in esami, i migliori risultati riguardano, oltre all’informatica (+1,0%) ed alla chimica-farmaceutica (+0,1%), la metalmeccanica (-0,2%), le public utilities (-0,2%), la gomma-plastica (-0,3%) ed il cartario (-0,3%) nell’industria; il comparto finanziario-assicurativo (-0,2%), quello dei trasporti-logistica (-0,4%) e dei media–comunicazione (-0,4%) nei servizi. Si tratta di settori in cui gli andamenti rilevati, seppur leggermente negativi, testimoniano comunque di una maggiore tenuta occupazionale rispetto alle restanti articolazioni economico-produttive, che toccano le flessioni più elevate nelle costruzioni (-3,0%), nelle industrie del legno e del mobile (-2,1%), nei servizi erativi (-1,9%), nell’estrazione e lavorazione dei minerali (-1,4%) e nelle attività degli 

 

 Oltre all’aumento dei contratti a tempo indeterminato (a tutele crescenti) di cui si è detto in apertura, i provvedimenti legislativi di inizio anno miravano – fra l’altro – ad incentivare l’occupazione giovanile: a tale riguardo, tuttavia, non si registrano per il momento particolari margini di miglioramento rispetto al recente passato. Se alle assunzioni per le quali le imprese hanno dichiarato una preferenza esplicita rivolta ai giovani under-30 (il 26% del totale) si aggiunge in proporzione una quota di quelle per le quali gli imprenditori non esprimono particolari requisiti di età, le possibilità occupazionali per gli under-30 raggiungono il 59%, con solo un lievissimo miglioramento rispetto al 58% 

Anche per l’occupazione femminile non sono attesi grossi margini di miglioramento, anzi, la curva segna un nuovo peggioramento rispetto al picco del 2012. Nel 2015 le opportunità occupazionali rivolte alle donne sono infatti pari al 39% (sommando quelle dirette e quelle per cui il genere non è rilevante), due punti percentuali in meno nel confronto con il 2014. In termini di formazione, nel 2015 sono cresciute le esigenze delle imprese non soltanto per quanto riguarda la richiesta di diplomati e laureati – la cui domanda rimane pressoché stabile in termini relativi (49% nel 2015 e 48% nel 2014, rispetto al totale delle assunzioni), crescendo però sensibilmente in termini assoluti – quanto piuttosto per la crescente esigenza di personale con una qualifica professionale (da 15% al 22% del totale assunzioni), mentre scendono le possibilità per coloro che non posseggono alcun titolo di studio (dal 37% del 2014 al 30% del 2015).

In termini di profili professionali richiesti, l’analisi per grandi gruppi professionali mostra infine come la struttura della domanda delle imprese sia sostanzialmente immutata rispetto al 2014. Le professioni high-skill coprono il 13% delle nuove assunzioni, stessa quota del 2014, ripartite fra un 4% di professioni intellettuali, scientifiche e ad elevata specializzazioni ed un 9% di professioni tecniche. L’aggregato medium-skill, in un anno, cala invece leggermente, passando da un’incidenza del 51% al 50% (di cui 9% professioni esecutive nel lavoro d'ufficio, 41% professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi). Guadagnano viceversa un punto percentuale le professioni low-skill, che passano dal 36% al 37% (di cui 12% operai specializzati, 12% conduttori di impianti e addetti a macchinari, 13% La lettura incrociata dei dati su formazione ed assunzioni per grandi gruppi professionali, il fatto cioè che la crescita di esigenza formativa da parte delle imprese non sia accompagnata da una maggior richiesta di alti profili,conferma l’esigenza più volte posta dalle imprese, cioè quella di poter disporre di personale formato anche per le professioni cosiddette medium e low skill, perché da queste risorse, soprattutto nei servizi, può derivare un buon vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.Passando ad un’analisi di maggior dettaglio, i profili professionali più richiesti sono quello del cameriere (7.110 assunzioni previste), seguito dai commessi (4.620), dal personale non qualificato ai servizi di pulizia di uffici ed esercizi commerciali (2.930), e da altre figure richieste in particolare dalle attività nei pubblici esercizi: cuochi (2.660) e baristi (1.190). Consistenti opportunità in entrata anche per conduttori di mezzi pesanti e camion (930), contabili e professioni assimilate (900) e addetti agli affari generali (850).Tra le professioni ad alto contenuto intellettuale, scendendo su valori assoluti più contenuti, le figure più ricercate sono invece quelle di analisti e progettisti di software (340), registi, direttori artistici, attori, sceneggiatori e scenografi (240); questi ultimi rappresentano una novità legata, evidentemente, agli investimenti – pubblici e privati – che negli ultimi anni hanno cercato di attirare produzioni del genere sul territorio regionale.Seguono poi gli specialisti nei rapporti con il mercato (190) e gli ingegneri energetici e meccanici (170). Si segnala che alla domanda di specialisti nei rapporti con il mercato si affianca, su un piano più operativo, la richiesta di tecnici della vendita e della distribuzione (500) e di tecnici del marketing (220), a testimoniare il rilievo cruciale assunto – all’interno delle strutture imprenditoriali – dallo sviluppo dell’area commerciale.