Mix, tutto esaurito al finale con i Baustelle: appuntamento al 2018, già fissate le date

Il leader Francesco Bianconi si racconta: gusti, linee, la musica di oggi. "Suonare a Cortona è un bel ritorno a casa"

Il pubblico ai Baustelle

Il pubblico ai Baustelle

Arezzo, 23 luglio 2017 - Chiusura con il botto, uno spettacolo che ha toccato il tutto esaurito. L'ultima tappa del festival, che prosegue la sua marcia: Cortona ha infatti già fissato le date per il 2018, andranno dal 18 al 22 luglio. La maratona Mix si è chiusa con una delle band più originali e di successo della scena alternative pop italiana. Sul palco i Baustelle con «L’Estate, l’amore e la violenza» In scaletta cover a sorpresa, le canzoni del nuovo album  e molti classici: frontman Francesco Bianconi, che abbiamo raggiunto per una intervista.

Finalmente cantate a pochi passi da casa. Qual è il vostro legame con Cortona? «Sono nato e cresciuto ad Abbadia di Montepulciano sono equidistante tra Cortona e la città poliziana. Ho tanti ricordi e amici. Parte della mia vita è trascorsa anche lì. Sono davvero contento di suonarci. Non era mai capitato. E’ come un bellissimo ritorno a casa».

Vi descrivono come cantanti che guardano agli anni ‘60 e ‘70. Qual è la marcia in più di quell’epoca? «Non mi sento un nostalgico e non sono tra quelli che pensa che negli anni ’60 e ’70 si stava meglio o che le canzoni erano più belle. Credo sia costruttivo guardare a quello che di bello c’è stato nel passato. In questi due decenni c’era forse una cura al dettaglio che oggi si è persa. La colpa è anche delle nuove tecnologie digitali: vantaggiose ma hanno un po’ appiattito la musica».

Non sarà che la vera musica ripetitiva è oggi? Come giudica il successo di Rovazzi? «C’è un’idea molto semplice alla base: la musica pop è rassicurante, non ci sono mai elementi di deviazione, la musica è tutta timbricamente riconoscibile e uniforme. A Rovazzi va riconosciuto il merito di aver avuto un’idea diversa. Ha fatto una sorta di inno allo “sfigato medio”, specie adolescente e in tanti ci si sono riconosciuti.

Vi sentite soli in questa vostra rivoluzione musicale? Un po’si, ma meglio soli che male accompagnati! C’è della musica pop rock italiana bella ma in questo momento non incontra il gusto della gente: non ha, per esempio, i canali radiofonici giusti.

Nei vostri pezzi fa capolino lo smarrimento giovanile. C’è un messaggio per i ragazzi? No. Con i miei testi cerco di fotografare le cose che succedono. Le canzoni funzionano meglio quando non vengono spiegate troppo.

Vi hanno bollato da snob e pessimisti: ma riempite le piazze Forse ci sono più snob e pessimisti di quanto non si immagini. La vita non è solo gioia assoluta. Da ascoltatore amo le canzoni sincere».

Vi esibite nella città di Jovanotti: come vedete Lorenzo? «Un talento smisurato. Il percorso che ha fatto è incredibile. E’ curioso, si nutre di diecimila stimoli, lavora sempre, ha un approccio creativo alla vita. Sono ammiratore di chi studia, si mette in discussione, si smarca e diventa il più grande cantautore italiano moderno».

Lo avete invitato? «Quasi quasi gli mando un messaggio. Sarebbe bello ci fosse».

di Laura Lucente