Arezzo, 2 giugno 2013 - Arrivato all’undicesimo film della sua fortunata carriera, Leonardo Pieraccioni confessa di sentirsi sempre un miracolato, un saltimbanco di 48 anni con un’unica ambizione: fare divertire il pubblico. Da domani inizia le riprese del suo nuovo film, “Un fantastico via vai”, di cui è anche protagonista e sceneggiatore (con Paolo Genovese), accanto a Serena Autieri, Giorgio Panariello, Massimo Ceccherini, Maurizio Battista, Marco Marzocca, Chiara Mastalli e Marianna Di Martino. Sette settimane di riprese, tutte ad Arezzo, in tempo per un’uscita natalizia, il 12 dicembre.

Pieraccioni, cosa racconta in “Un fantastico via vai”?
«E’ la storia di una coppia sposata da quindici anni, interpretata da me e da Serena Autieri, con due gemelle di dieci anni. Arnaldo, il mio personaggio, fa il bancario ed è una persona compassata, legato alla famiglia, ma con una struggente nostalgia per i suoi vent’anni. Quando, per un equivoco, la moglie lo butta fuori di casa, va ad abitare con alcuni universitari. Per lui, è come salire su una macchina del tempo e tornare a quando anche lui era uno studente».

E’ un po’ autobiografico?
«Non ho mai frequentato l’università, ma la mia nostalgia per quell’età è sincera. E’ un’età fantastica, in cui si ha una sfrontatezza totale. Ricordo che giravo dei filmini con una telecamerina e pensavo, “Kubrick, ma chi è Kubrick?”».

La sceneggiatura l’ha scritta con Genovese e non con Giovanni Veronesi.
«Veronesi era impegnato, stava girando il suo film, “L’ultima ruota del carro”. Poi è arrivato Paolo Genovese, che ho molto apprezzato come regista di “Immaturi” e di “Una famiglia perfetta”, e mi ha proposto questa storia. Con Giovanni, toscano come me, passavamo molte ore a chiacchierare e poche a scrivere. Con Paolo, niente chiacchiere, e così abbiamo completato la sceneggiatura in un mese e mezzo anziché in cinque».

Sette settimane di riprese, tutte ad Arezzo?
«Devo ringraziare tutti gli aretini per l’entusiasmo con cui ci stanno accogliendo. Avevo già girato nei dintorni, ma mai proprio ad Arezzo. D’altra parte è inutile andare a cercare posti belli altrove quando la Toscana ne possiede in quantità industriale».

Si sente ancora un cabarettista prestato al cinema?
«Assolutamente. La mia emozione è sempre quella della prima volta e sono sempre molto grato quando faccio un nuovo film, perché mi sembra sempre un miracolo. E ancora di più in questi tempi, così difficili».

E’ una storia con degli elementi di satira sociale?
«No. L’impegno di noi saltimbanchi è soltanto quello di fare divertire il pubblico. In Italia ci sono autori bravissimi, come Paolo Virzì, come Paolo Sorrentino, che sanno farlo e hanno il dovere di occuparsi della società. Noi registi di commedie comiche, con grazia, senza beceraggine, dobbiamo fare contento il pubblico, che va coccolato, soprattutto in questo periodo in cui, per la crisi, anche andare al cinema è diventato un evento».

Pessimista sul presente e il futuro del nostro Paese?
«Premetto che non capisco niente di politica, ma mi sembra che la politica in Italia sia ridotta a un reality: escono quelli che non servono più, arriva il rottamatore, c’è chi vota Grillo pensando ad un cambiamento e lo ritrova a controllare gli scontrini. Penso che Grillo conosca molto bene le regole dello spettacolo, ma non sono le stesse della politica. Quanto a Renzi, mi sembra prossimo a mettersi la mano nel cappotto e a credersi Grillo. Qualche volta mi sento dire, sembri Renzi. No, è lui che si presenta come fosse me, o vestito alla Fonzie. Con personaggi come Borghezio e la Mussolini, la politica è diventata un argomento da cabaret, ma cosa racconti alla gente che ha perso il lavoro? Anche io, come tutti, sono qui a cercare di capire cosa succede, ma mi sembra che in tempi rapidi non succede niente».

di Beatrice Bertuccioli