Arezzo, 28 aprile 2016 - La storia siamo noi, la storia sono le nostre immagini, quelle del secolo lungo che gli aretini hanno vissuto dall’Unità del 1861 fino agli anni ’80 del ’900, l’anticamera del presente. Da venerdì 29 aprile questa storia ve la raccontiamo, e soprattutto ve la regaliamo, in ventidue foto d’epoca della città e della provincia che la circonda. Prima il contenitore (venerdì appunto) e poi le immagini (tre per settimana, il martedì, il giovedì e il venerdì), per tutto maggio e per una lunga striscia di giugno.
Di questa carrellata vi anticipiamo oggi, ma continueremo nei prossimi giorni, le foto che poi troverete in formato grande in edicola, ognuna un documento dell’epoca in cui è ambientata, ognuna con un suo significato storico, ognuna con una scheda sul retro che ne illustra il periodo di riferimento. Più tante altre foto, che troverete, in corrispondenza di ogni uscita, sul giornale, in una pagina che vuole ampliare e sviluppare le immagini e i temi di quella principale. Con storici, letterati, studiosi del costume chiamati a commentarle.
Prendete ad esempio la foto 1 di questa carrellata odierna. Difficile inquadrarla per un aretino di oggi, tanto è cambiato il mondo, ma in quel campo dell’esercito del 1889 un occhio esperto riuscirà forse a riconoscere sullo sfondo la chiesa di Santa Croce col suo campanile distrutto: infatti, è la zona della Fonte Veneziana, dove oggi sorge il Palazzo di Giustizia.
Ci dà una sensazione del mondo di ieri altrettanto forte della foto 2, quasi un simbolo della Bella Epoque: un dirigibile attraccato a Sargiano nel 1910 e la folla di curiosi corsa ad osservarla.
L’altra faccia della buona borghesia di Sargiano sono le operaie del pelificio di Montevarchi (foto 6 del 1906): un’immagine da sciur parun da le bele braghe bianche.
Quasi un simbolo della prima epoca di sviluppo di Arezzo, cui seguiranno la tragedia della Grande Guerra e il tumultuoso periodo post-bellico, sfociato nel fascismo, qui ripreso (foto 3) in un’assemblea di ex combattenti che ha per teatro (è proprio il caso di dirlo) il vecchio Politeama di legno.
Si cambia epoca, invece, con la foto 4: è passato il Regime, è passata la seconda guerra mondiale con le sue distruzioni. Tornano la voglia di vivere, l’ottimismo della ricostruzione degli anni ’50 che quasi sprigionano dall’immagine del raduno di Vespe (il primo mezzo di locomozione di massa) in via Vittorio Veneto.
C’è voglia di fare, c’è voglia di trovarsi uno spazio nella vita. Lo testimoniano anche le ragazze che imparano ad usare le macchine da cucire (foto 5, ancora anni ’50) nel negozio Necchi di Corso Italia ora scomparso. In quell’energia racchiusa nelle movenze dei vespisti come delle cucitrici c’è quasi il presagio del Miracolo Economico.
O il presagio del Boom di cui ci pare un’immagine emblematica la consegna della targa Ar 50.000, nel 1964: foto 7.
E sono solo alcune anticipazioni del viaggio nel tempo che vivrete da venerdì. Come eravamo e come siamo diventati.
di Salvatore Mannino