Premio Diari dalla Grande Guerra alle guerre dei giorni nostri: vince il racconto di Gaddo Flego, medico volontario in Rwanda. Festa a Pieve per Ettore Scola

Il diarista fiorentino ha raccontato lo strazio della morte e della violenza tra le pieghe del genocidio. La trincea protagonista nello spettacolo teatrale di Mario Perrotta. Segnalazione a Giuseppe Anice http://www.lanazione.it/arezzo/foto/il-paese-della-memoria-vive-la-sua-grande-gornata-1.233612 LA GIORNATA DEL PREMIO DIARI: LE FOTO

Il vincitore Gaddo Flego

Il vincitore Gaddo Flego

Arezzo, 21 settembre 2014 - Il Premio Diari, l'evento inventato da Saverio Tutino per una volta non dà del tu alla storia, che pure in questi giorni ha tenuto banco, nell'intensa, emozionante rievocazione dei 100 anni dalla Grande Guerra attraverso il racconto degli "eroi" delle trincee. Il premio lo consegna a Gaddo Flego, la storia del quotidiano, un fiorentino impegnato anima e corpo nel volontariato sanitario internazionale.  "Tra i sopravvissuti", un racconto dal Rwanda: è il 1994, lui torna dal Ciad dove ha prestato servizio per Medici Senza Frontiere. E riparte per un intervento di urgenza in Rwanda, nel cuore di un genocidio, nella trincea dei nostri tempi di una città, Nyamata, nella quale a maggio avevano perso la vita 10.000 persone. Non si vedono cadaveri ma cumuli di terra (le fosse comuni) e mucchi di vestiti.. In un ospedale improvvisato Gaddo entra in contatto con i pazienti su delle stuoie lungo le pareti. Ferite inferte col machete, tagli alle caviglie, ai polsi, alla testa. "Vedo ragazzi - scrive _ a cui sono stati amputati entrambi i piedi, altri senza una mano e con una profonda ferita sul cranio, che mi mimano il gesto di proteggersi la testa dal colpo di machete, rallentato dall’ostacolo frapposto del braccio e quindi alla fine non fatale".  Motivazione della giuria? La sua memoria racconta, con uno stile severo, asciutto e quasi cronachistico, una esperienza che lo porta quotidianamente a contatto con la sofferenza, l'ingiustizia, la morte, ma anche con le contraddizioni delle organizzazioni non governative. Senza mai cedere alla retorica del dolore e al cosiddetto "protagonismo umanitario" il testo ha il merito di offrire uno sguardo di prima mano sul genocidio dei Tutsi e di superare la logica dominante, fino allo scorso decennio, della equidistanza tra le due forze in campo. Tra le pagine della memoria affiora anche la denuncia esplicita del ruolo ambiguo e reticente svolto dalle grandi potenze europee, preoccupate non tanto di fermare il genocidio, quanto di preservare l'incolumità degli occidentali.

E c'è stata anche una segnalazione, La giuria segnala inoltre il carattere sincero, autentico ed emblematico della autobiografia "Il vaccaretto" di Giuseppe Anice: il gesto di Giuseppe che a settacinque anni, dotato della sola seconda elementare, decide di raccontare per iscritto la propria vita per affidarla al ricordo dei figli e dei nipoti riassume in modo ideale il senso e la storia dell'Archivio Nazionale del Diario che proprio quest'anno compie il suo primo trentennio di vita.  

Un mondo spaccato, come se il Premio avesse inconsciamente voluto raccontare le Grandi Guerre del nostro tempo. Sullo scenario di un paese in fermento: siamo a Pieve Santo Stefano, sull'Appennino tiberino eppure le piazzette sono piene, gli incontri continui, la memoria si srotola continuamente. Accoglie Ettore Scola, a cui conferisce il premio Città del Diario, il regista a questo punto della memoria: non a caso il suo ultimo grande film è stato quello su Federico Fellini, a Venezia un anno fa e applaudito anche dal presidente della Repubblica. Scola sale sulla "terrazza" (lui, il regista delle terrazze, in largo anticipo su Sorrentino o su Cantet), accolto come il grande personaggio d'onore di questa festa della cultura e del racconto.

Che ha avuto sabato sera il brivido delle trincee raccontate non solo attraverso i diari ma anche attraverso la recitazione di Mario Perrotta, ormai uomo del Premio Pieve, o meglio ancora voce, in un legame che dura nel tempo. E poi gli incontri con i finalisti o con i loro eredi, la storia che diventa quotidiano, cinema, teatro. E vive, vive come in pochi posti in Italia gli riesce. 

Durante il pomeriggio è stata inaugurata anche la "Stanza di Rabito", nuovo spazio espositivo che si trova all'interno del Piccolo museo del diario (palazzo Pretorio) e realizzata da dotdotdot. Presenti il sindaco di Pieve Santo Stefano Albano Bragagni, l’onorevole Marco Donati, l’assessore alla Cultura della Regione Toscana Sara Nocentini, l’arcivescovo della diocesi di Arezzo, Cortona e Sansepolcro Riccardo Fontana, la responsabile dell’Area patrimonio storico della Fondazione Telecom Italia Anna Rosa Galassi, il direttore generale per le biblioteche, gli Istituti culturali e il diritto d’autore del Mibact Rossana Rummo.