Pd, scissione è pressoché fatta ma nessuno esce: quasi fuori solo Ivano Ferri

Il segretario Dindalini duro: "Militanti disgustati da quello che avviene". Vignini: "Un partito di reduci non mi interessa, se fosse ulivista...". Parlano i protagonisti (Ferri nella foto con Renzi)

Ivano Ferri con Matteo Renzi

Ivano Ferri con Matteo Renzi

Arezzo, 21 febbraio 2017 - Uno li cerca con il lanternino ma invano, non spuntano fuori gli scissionisti, quelli intenzionati a lasciare il Pd per emigrare nel nuovo partito della sinistra. Svariate le voci che si rincorrono, altrettanto secche le smentite.

Forse Francesco Ruscelli? «Non ci penso nemmeno - la replica secca dell’ex assessore provinciale - io resto dentro a fare le mie battaglie». Poi un’altra dritta che porta a Mauro Tarchi, nome storico del vecchio Pci e delle sue evoluzioni, l’ultimo sindaco di San Giovanni prima di Maurizio Viligiardi. Ma anche Tarchi risponde picche: «Da due anni non ho la tessera del Pd, però ho votato sì al referendum sulle riforme e questa scissione mi pare una cosa assurda. Non aderisco al nuovo partito che peraltro non mi appare molto nuovo. Piuttosto sto seguendo quello che accade nell’area di Pisapia».

Anche coloro da tempo in rotta con il renzismo manifestano grandi dubbi e uno di questi è Gilberto Dindalini, già segretario provinciale dei Ds e oggi presidente di Arezzo Casa. Pure lui è un senza-tessera che non ha mai fatto mistero delle sue simpatie per D’Alema, ma in questa fase frena: «Non so proprio cosa farò, non è che questa novità mi convinca poi più di tanto».

Forti dubbi anche per Andrea Lanzi, segretario comunale in passato: «Ci sto pensando ma al momento non so bene quale direzione intraprendere». A riflettere in modo concreto è Andrea Vignini, ex sindaco di Cortona che marca però precisi confini: «Se si tratta di stare in un partito di reduci e di bandiere rosse, dico subito di no. Nel caso di un respiro ulivista, allora un pensierino potrei pure farcelo».

Chi dice no grazie è Francesco Falsini, l’ex presidente Atam che alle primarie scelse Bersani. «Detesto la parola scissione - sostiene - e non ho nessuna intenzione di andarmene dal Pd». Più o meno quello che con forza ribadisce Sauro Testi, già sindaco di Bucine e che in molti, specie in Valdarno, davano tra i possibili transfughi. Invece lui spiazza tutti e va giù duro: «La mia storia è nel Pd, rimango nel Pd e qui combatterò le mie battaglie anche in minoranza».

Stringi, stringi soltanto un esponente di un qualche spicco, l’ex sindaco di Cavriglia la rossa Ivano Ferri, pare in procinto di fare le valigie. «Non ho ancora deciso al 100% - fa sapere - ma non sono mai stato convinto della politica di Renzi mentre mi ritrovo in pieno nelle idee che porta avanti Roberto Speranza. E quindi...».

E quindi se ne andrà, non si sa ancora seguito da chi visto che la voglia di separarsi dalla casa madre appare veramente poca anche chi, all’interno del Pd, non si è mai sentito in sintonia con il Matteo da Rignano e con le le nuove leve dei renzianissimi. Piuttosto, tra le file dei cosiddetti bersaniani prevale la grande amarezza.

Amarezza condivisa dal segretario provinciale Massimiliano Dindalini, passato «dall’incredulità all’arrabbiatura, questi non si rendono conto di quanto siano lontani dal sentire della gente, e parlo di tutti, indistintamente». Ieri ha fatto un giro tra amministratori e segretari di sezione e nessuno sembra intenzionato a seguire gli scissionisti. «Ma il rischio - chiude Dindalini - non è che queste persone seguano le fughe in avanti di Rossi, ma è che smettano di fare politica, disgustati da ciò che sta succedendo».

di Salvatore Mannino e Sergio Rossi