Referendum spacca-Pd: due big come Vignini e Gasperini si schierano per il No

L'ex sindaco di Cortona e l'ex vice di Fanfani contro la riforma costituzionale di Renzi: non è politica, ma non ci convince

Stefano Gasperini

Stefano Gasperini

Arezzo, 21 ottobre 2016 - ANCHE QUI c’è un Pd dove il no suona, in dissenso con la linea ufficiale del partito sul referendum. Un fiume carsico che finora era rimasto nell’ombra e che adesso esce improvvisamente allo scoperto con l’outing su Facebook di Andrea Vignini, ex sindaco di Cortona, figura di punta dei democrats della Valdichiana, uno che fino a tre mesi fa, ai tempi in cui il segretario provinciale Max Dindalini era sotto processo per il pessimo risultato elettorale di giugno, era un potenziale candidato alla successione, con la benevola neutralità dei renziani ora schierati sul versante opposto.

Non solo: voterà per il no anche un altro pezzo da novanta del partito che fu: Stefano Gasperini, prosindaco dopo l’addio di Fanfani per quasi un anno, vicesindaco del Nipotissimo, in precedenza capogruppo in consiglio comunale e segretario cittadino dei Ds. Scontata pare pure l’adesione al fronte antiriforma di un dalemiano d’acciaio come Gilberto Dindalini, ex segretario provinciale Ds, attuale presidente di Arezzo Casa, il vecchio istituto delle case popolari. Lui la sua antipatia per Renzi non l’ha mai nascosta e neppure la contrarietà al nuovo progetto di costituzione.

SORPRENDE semmai che si dichiari pubblicamente per il no una figura come Vignini, mai particolarmente legato alla sinistra bersaniana e che anzi in certi momenti (ad esempio le primarie per il parlamento del dicembre 2013) si era discretamente alleato con Marco Donati, allora candidato e ora deputato iper-renziano. «La mia - spiega l’ex sindaco di Cortona - non è una motivazione politica ma tutta interna alla riforma. Questo progetto di costituzione non mi piace. Non mi piace l’abolizione del bicameralismo paritario e tantomeno mi piace il famoso combinato disposto con la legge elettorale supermaggioritaria». Vignini non si nasconde che questa sua scelta per il no potrebbe portargli problemi per un eventuale scatto di carriera nel partito, una candidatura in Regione (dove è già stato bocciato) o in qualsiasi altro incarico. «Ma ci sono dei momenti - spiega - in cui bisogna guardare soprattutto alla propria coscienza».

E’ UN PO’ quello che dice anche Stefano Gasperini, un altro di quelli che bersaniani puri non lo sono più da un pezzo. Fu lui, anzi, il primo a rompere il fronte dell’allora segretario nazionale dopo la sconfitta alle elezioni del 2013, reclamando un rimescolamento interno. Aveva poi appoggiato Civati ma senza uscire con lui dal Pd. «Il mio è un problema tutto interno alla riforma. L’ho letta e riletta. Ci sono anche aspetti positivi ma per quanto mi riguarda prevalgono le perplessità, compresa quella sull’Italicum. Peserà sulle mie prospettive nel Pd? Pazienza. Ci sono momenti in cui bisogna avere coraggio di stare in minoranza. Io ci sono abituato».

Salvatore Mannino