Arezzo, 20 maggio 2012 - Tutti lo cercano, tutti lo vogliono. A cominciare dal sindaco Fanfani, che per gli altri due assessori dimissionari non ha speso una parola, ma che a Franco Dringoli ha rivolto addirittura un appello perchè resti in giunta. Comunque, indipendentemente dal partito (o dai partiti) di riferimento. D’altronde, l’assessore ai lavori pubblici è un po’ il personaggio emblematico della crisi: non l’ha voluta e quasi l’ha subita nel clima del non capisco ma mi adeguo. Ora vive drammaticamente la lacerazione fra senso dell’appartenenza a una parte politica, dissenso, moderato ma fermo, rispetto certe durezze del Pd come a qualche atteggiamento alla Gianburrasca dei consiglieri comunali di sinistra-sinistra, ed esigenze della governabilità della città, in cui da assessore si è esposto in prima persona.
Dringoli, è voce comune ormai che lei non fosse d’accordo con questa crisi
«E’ vero, non sono d’accordo con quella che è stata una vera e propria deriva di cui tutti portiamo la responsabilità e credo che vada risolta a tutti i costi, naturalmente se esistono ancora le condizioni nel merito per trovare una sintesi politica».
Di chi sono le colpe che hanno portato alla rottura?
«E’ una crisi che è maturata nel corso del tempo. In primo luogo ha pesato il modo in cui il Pd si è presentato nel rapporto con i partiti minori. Una certa arroganza, la convinzione dell’autosufficienza basata sui numeri anche se non c’è una maggioranza assoluta dell’elettorato, la mancanza di collegialità che è poi sfociata in quello che è successo».
E la sua parte politica non ha sbagliato niente?
«Ci sono stati dei personalismi che non hanno giovato. Come non aiutano, è chiaro, le personalizzazioni al contrario fatte anche dal sindaco»
Si riferisce ovviamente a Tulli e Barone...
«Non faccio nomi. Ma un altro approccio sarebbe stato opportuno. Anche se è evidente che le responsabilità maggiori sono del Pd e che alla fine sono stati determinanti i contenuti, dall’inceneritore alla scuola, dall’acqua alle nomine. Credo che su quelli si debba lavorare e che su quelli si possa ancora ricucire».
A proposito di contenuti, la questione delle questioni è l’incenerimento. Vede ancora un compromesso possibile?
«Noi in linea di principio siamo contrari alla politica dell’incenerimento, ma prendiamo realisticamente atto del fatto che c’è una gara in corso sulla quale è difficile tornare indietro. Possiamo legarla a degli studi veri, come la «Vis» di 39 mesi, non quella accelerata che vuole il Pd, e lo studio sanitario finanziato dall’Unione Europea. Così possiamo allungare i tempi della parte impiantistica, il termovalizzatore vero e proprio, mentre la gara è in corso. Ci sta anche che nel frattempo emergano delle novità tecnologiche di cui tenere atto. E in più bisogna dare un impulso vero alla raccolta differenziata dei rifiuti. Finora, diciamo la verità, si è fatto poco. Mi pare una piattaforma su cui cercare una sintesi politica».
Fanfani le ha rivolto un appello perchè resti in giunta. Potrebbe farlo anche senza il suo partito, magari da indipendente?
«Ringrazio il sindaco per la stima, ma non è un problema personale. Qui c’è una questione politica. Io sono cresciuto politicamente in un clima di unità della coalizione, non potrei mai rimanere se la coalizione si spezza. Non mi dimetto subito perchè spero ancora che si possa trovare una soluzione di buon senso».
Senta, quanto pesa il clima politico generale, il successo del movimento di Grillo che incalza i partiti minori di sinistra?
«Il clima è quello che è, di critica forte della politica. Appunto per questo pesano le forme, pesano certe nomine. Bisogna cambiare metodo, dare risposta all’aria di cambiamento. Detto questo, i problemi sarebbero stati gli stessi anche senza Grillo»
L’ultimo auspicio?
«Ritrovare una coalizione che unisce e non divide. Io sono per ricucire. E’ chiaro che il ricucire tanto per ricucire non basta, ma se c’è la volontà non è ancora detto che sia finita così».

di Salvatore Mannino