Arezzo, 30 aprile 2012 - E' lui, è sempre lui. Lui, Enrico Bondi, l'uomo in grigio, alla luce degli abiti che indossa da sempre, o per gli aretini l'uomo di San Michele, in pieno centro, dove ancora ha casa. Il sergente di ferro chiamato di nuovo al capezzale: stavolta dello Stato, costretto ad una politica di tagli verticale per tenere a bada la spesa pubblica.

La nomina che era stata accolta con consensi generali, sia nel mondo politico che nell'opinione pubblica comincia a suscitare molte critiche. Se tutta la grande stampa si è schierata a favore, mettendo in luce la capacità del manager aretino di usare le forbici con vigore ma anche con oculatezza, contesta il responsabile economico del Pd Stefano Fassini: "Non capisco che senso abbia". Qualche polemica anche nel Pdl, mentre Lega ed Idv vanno decisamente all'attacco.

Nella giornata del primo maggio le uniche ironie erano state quelle di una parte dei sindacati, a cominciare dal segretario generale della Cgil Susanna Camusso: non pensavo, ha detto, che un governo di tecnici potesse chiamare altri tecnici.

Settantotto anni, specialista nel tagliare teste e costi nelle situazioni più critiche. Il suo incarico più celebre alla Parmalat, il buco nero dell'economia italiana degli ultimi anni. Ma subito dopo non ha allentato la morsa: è arrivata la chiamata al San Raffaele di Milano, la potentissima istituzione con annesso ospedale fondata da Don Luigi Verzè.
 
Una chiamata e via, da Arezzo, il suo tradizionale e familiare ritiro, e via, come tante altre volte nella sua vita. Sia pur con il pizzico di rimpianto di chi alla città è legato, legato forte. Qui  possiede una casa in centro, in piazza San Michele, ma anche una villa già in campagna, dalle parti di Olmo.

Ma d'altronde questa è stata la sua vita. Saltellando da un deficit all’altro. Prima la Montedison, dopo il terremoto Gardini, quindi la Telecom all’epoca della gestione Tronchetti Provera e Benetton, infine Parmalat, devastata dai colossali buchi di bilancio aperti da Callisto Tanzi.
 
Missioni spesso impossibili, specie l'ultima, ma per l'uomo di San Michele niente sembra proibito. Con lo stile che forse dalla sobrietà aretina ha preso tutto: i pasti in mensa, il taglio reale, e non apparente, alle spese. Un identikit che adesso sarà messo a dura prova, nella sfida per certi aspetti più difficile: quella proposta da Monti.

E chissà se Bondi ci sarà il 13 maggio per l'incontro con il Papa: perché in quel caso potrebbe incontrarsi con il suo nuovo "datore di lavoro", visto che quel giorno ad Arezzo Monti verrà davvero, per accogliere il Pontefice.

In caso potrebbe fargli da guida. Lui, nato ai margini del Corso nel 1934, figlio di mamma Amelia, casalinga, e di papà Giuseppe, imprenditore di pompe funebri, uno dei fondatori della più storica di tutte, l’Ofar. Scuole dalle suore di Sant’Agostino e liceo classico al «Petrarca», il futuro manager si laureò poi in chimica all’università di Firenze.

Poi il volo verso il Bel Paese. Dagli incarichi di dirigente tecnico, alla Tecnopolimeri. Poi il passaggio in Gilardini, all’epoca gruppo De Benedetti, quindi il salto nel mondo dell’alta finanza. Il resto è venuto da solo, sul filo dei mille richiami da tutti gli angoli. Chi lo conosceva da piccolo ne parla come un bambino timido. Poi la fama di chi non guarda in faccia nessuno. Piazza San Michele non l’ha mai dimenticata. Non per niente ci vive ancora. Quando non lo chiamano a salvare aziende od ospedali.