A questo punto, col Comune da lui guidato fino a pochi mesi fa travolto dai debiti e dal discredito, le dimissioni di Paolo Brandi dalla presidenza di Estra erano inevitabili. Più che l’atto discrezionale di cui lo ringrazia il suo partito, il Pd, un atto dovuto, a chiudere una brutta pagina della politica aretina, avviata da un golpe in stile cileno, quello che portò l’ex sindaco di Castiglion Fiorentino sulla poltrona dell’azienda del gas, e poi contrassegnato dallo stillicidio di indiscrezioni sul colossale buco aperto nel bilancio municipale proprio nei dieci anni di Brandi.
 

Chissà almeno se il partito democratico, che da queste parti è quello che i politologi chiamano un partito pigliatutto, ha almeno imparato la lezione. Già è strano che alla guida delle aziende partecipate debbano andare dei politici e non dei veri amministratori, ma che almeno si scelga fra quelli al di sopra di ogni sospetto. E a giugno Brandi era già molto discusso. Una figuraccia, insomma.

Ma non può e non deve finire qui. L’ex sindaco ha pagato con le dimissioni le sue colpe (politiche, finora, per carità). Che dire però di chi gli è succeduto, cioè Enrico Cesarini, che era assessore al bilancio? Se non sapeva (ma pare difficile) era troppo distratto, se sapeva è peggio ancora. In ogni caso, non si vede come possa restare in carica, sia pure ridimensionato dalla presenza dei commissari.

L’impressione è che le elezioni siano state condizionate a Castiglion Fiorentino dalla mancanza di un fondamentale elemento di conoscenza, quello su un debito grande quanto il bilancio. Sarebbe come se ad Arezzo, si fosse aperto un buco da cento milioni di euro. Impressionante. In questa situazione, la parola non può non tornare agli elettori, cui spetterà di decidere se continuare nell’esperienza di centrosinistra (magari con facce totalmente nuove) o voltare pagina. Ma mai come ora è giusto che l’ultima parola tocchi al popolo sovrano.

Che (fra parentesi) ha già rispedito a casa, affidandosi a un galantuomo come l’ex prefetto Montanaro,gli amministratori (stavolta di centrodestra) di un altro comune, Castiglion Fibocchi, in cui adesso la magistratura ipotizza gravi reati e irregolarità. E’ giusto presupporre l’innocenza fino all’ultimo grado di giudizio, ma certo, se il sindaco uscente avesse favorito il suo potenziale successore (poi sconfitto) saremmo di fronte a un altro esempio drammatico di malgoverno.

Invece la credibilità del sistema politico italiano che sta affogando nel fango deve essere ricostruita dalle sue cellule di base, cioè dai Comuni trasformati in case di vetro. La politica, ce lo insegnano Pareto e Mosca, non è solo ideale ma anche gioco di interessi concreti. Che siano però interessi leciti e buona amministrazione. E’ da lì che rinasce la fiducia della gente. Mai così scossa.