"C’erano ancora i bulloni che galleggiavano sul fondo della bottiglia della Coca Cola», racconta il direttore dell’Ipercoop Francesco Guasti. Gli altri (i bulloni, intendiamo) erano già nel fondo dello stomaco di un aretino di 57 anni, Fabio V., che se l’è vista brutta, molto brutta, dopo la prima sorsata di bevanda, mandata giù lì per lì, nella galleria del centro commerciale «Setteponti», un attimo dopo essere passato dalla cassa dell’ipermercato. La descrizione di Guasti non lascia troppo spazio all’immaginazione: «Era sdraiato a terra che stava male, molto male, con le mani si teneva lo stomaco e il collo, faceva segno che non poteva parlare per il bruciore che gli toglieva il fiato".

Scena drammatica e soluzione felice, sia pure dopo 24 ore trascorse fra pronto soccorso e reparto di gastrologia. Il cliente dell’Ipercoop è stato dimesso ieri pomeriggio, quando la gastroscopia aveva evidenziato che non c’erano tracce di lesioni permanenti. A quel punto restava solo da lasciare alla natura di fare il suo corso. I bulloni che gli sono rimasti dentro Fabio V. li espellerà nelle prossime ore, come tutti possono immaginare senza bisogno di scendere in particolari. Resta da capire come è stato possibile che proprio a lui toccasse di inghiottirli.

Il prologo allora. Il cinquantenne che preleva una confezione di Coca Cola da quattro bottiglie in uno scaffale dell’Ipercoop. Tutto garantito, almeno in apparenza: il pacco è ermeticamente sigillato, difficile pensare che qualcosa possa non andare. E invece qualcosa non va davvero. Perchè al primo sorso, per calmare la sete di un pomeriggio afoso (sono le 19,30 di sabato), il cliente si sente male. "Mi ha chiamato la guardia giurata - spiega ancora Guasti - sono corso subito e mi sono trovato davanti a un signore palesemente sofferente, con la moglie che gli teneva la testa, ma senza che lui riuscisse a stare in piedi. C’erano medici e infermieri di passaggio che tentavano di assisterlo, la sorveglianza aveva già chiamato il 118. Poi è arrivata anche la polizia". Polizia che ha subito sequestrato la bottiglia per le analisi del caso, d’intesa col Pm di turno. Dubbi paiono essercene pochi: non c’entra l’Ipercoop, che ha messo in commercio una confezione già sigillata, non c’entra probabilmente neppure la casa madre che fornisce il prodotto base, il guaio deve essere avvenuto nella fase dell’imbottigliamento, avvenuto in uno stabilimento dell’Aquila. Forse una macchina difettosa, che ha sputato pezzi di ferro dentro la Coca Cola.

Lì, è l’ipotesi, si è verificata una reazione chimica fra il liquido e il metallo che ha reso imbevibile la brodaglia. Tanto che al cinquantenne è bastata una sorsata per sentirsi male, come se una sorta di varechina gli stesse bruciando la gola e i visceri. Comunque sia, l’Ipercoop ha subito preso provvedimenti: "Noi - dice ancora Guasti - abbiamo subito ritirato tutte le bottiglie dello stesso formato. Poi, già sabato sera, ci siamo collegati on line con l’ufficio qualità di Unicoop Firenze, la nostra controllante, che sta facendo lo stesso nei supermercati di tutta la Toscana". Reazione immediata ma chissà se basta a chiudere il caso. Ora dipende dal cliente della Coca 'addizionata' ai bulloni: solo un brutto pomeriggio da dimenticare o chiederà giustizia per quei minuti drammatici a tenersi gola e pancia per le mani?

Più tu stai fermo e più gli altri ti mangiano la pappa sotto il naso. Si veda il caso della Fiera di Parma, che viene decisamente all’assalto di una delle Antiquarie più ricche dell’anno, quella di dicembre, organizzando un’edizione speciale dedicata ai regali natalizi. Qui ci aveva pensato a suo tempo Paola Refice, ma la sua fu per altri motivi una presidenza lampo che ha lasciato poche tracce. Da allora è calato il silenzio, se non per qualche iniziativa estemporanea come le buste col marchio dell’Antiquaria.

Bene, è vero che Parma è ben più ricca e organizzata, è vero che i suoi manager sono professionisti ben pagati mentre qui è tutto in mano al volontariato, ma Arezzo, che resta la più antica e la più grande, come recita la pubblicità, non può rimanersene immobile a prendersi schiaffi. Se nella città ducale vogliono la guerra commerciale che ci attrezzi, se i parmigiani usano la fantasia che si usi la fantasia. E non solo a Natale. Perchè l’immaginazione al potere non è soltanto uno slogan sessantottino, è anche una necessità per manifestazioni come la nostra.

Quando le cose vanno bene, sono tutti bravi ad aspettare il cliente davanti al banco. E’ quando c’è crisi che bisogna ingegnarsi per attirarlo. Lì si vede la qualità del singolo imprenditore e anche dell’organizzazione. Che, sia detto per inciso, proprio a luglio (edizione fiacca assai) ha perso l’occasione di abbinarsi alla notte bianca. La Fiera ha disperatamente bisogno di un uomo immagine che sappia valorizzarne il marchio inimitabile. E’ ora di trovarlo. I nomi prestigiosi non mancano.