“O la play o la vita“: e il ladro si arrende a facebook

Si è sentito assediato dalle riprese che giravano in rete e ha mollato il bottino

Arezzo, 26 febbraio 2015 - Si è arreso a facebook. Dopo aver rubato la play station con quella faccia d’angelo che era passata in tutti i social, imperturbabile come se prendesse un caffè al bar, tranquillo come se passeggiasse sulla spiaggia. Dopo essersi allontanato dalla galleria della multisala al piccolo passo, come l’Arsenio Lupin dei nostri vecchi telefilm in bianconero. Poi di colpo si è arreso.

E’ passato a fine mattinata, pare al distributore di benzina vicino al centro commerciale, e la scatola l’ha lasciata lì. Come l'Innominato non ha resistito alla luce del sole. O forse non ha resistito ai “fucili” puntati della rete. Che possono far male, possono fare molto male.

Aveva previsto tutto: meno il colpo di coda 2.0, la frustata della tecnologia. Con un procedimento decisamente anomalo il titolare del negozio, uno di quelli che si affacciano sulla galleria del Magnifico, prima di chiamare i carabinieri o la polizia ha “chiamato” facebook.

E ha stampato le immagini riprese nel suo negozio in tutte le salse. In pochi minuti il piccolo schermo del computer, o addirittura quello ancora più piccolo del tablet o dello smartphone, si è trasformato in una colonna infame: alla quale il titolare del negozio ha “appeso” la faccia del suo nemico di giornata, anzi di nottata. Un servizio video meticoloso, roba da book di matrimonio.

Lui che studia, lui che guarda, lui che sposta. Lui che ruba. Sempre in primo piano, sempre in favore di luce. Intorno, in un piano sequenza da far impallidire il regista Oscar Inarritu, gli altri clienti, il negoziante, i passanti in galleria, inconsapevoli di trovarsi su «Furti a parte», un serial nuovo di zecca girato da un implacabile occhio elettronico.

Un procedimento perfino pericoloso: perché qualcuno lo avrebbe potuto incrociare quel ladro e pensare di farsi giustizia da sè, e tutto per una play, che è tanta roba ma di certo mai così tanta da giustificare chissà quale rappresaglia. Ma quelle immagini devono averlo tormentato tutta la notte. Deve essersi sentito addosso quel «plotone d’esecuzione» di mouse, di clic, di piccoli schermi.

Armati di un solo proiettile ma micidiale: la sua faccia, ripresa in tutte le salse e diffusa da un angolo all’altro della rete e quindi, sia pur potenzialmente, del mondo. E alla fine non ha retto. Si è arreso. Ha ripreso la Play e l’ha riportata. «O la play o la vita» deve essersi sentito ripetere nei suoi sonni mai così disturbati. Ha scelto la vita. A costo di passare da ladro pentito. O a costo di passare alla storia come il primo ad arrendersi a facebook. Il primo ad accorgersi di essere circondato.

Alberto Pierini