Quante croci sulle strade dimenticate

Il commento

Arezzo, 24 maggio 2016 - Piangiamo altri morti, altre vite stroncate in quel percorso a ostacoli che sono diventate le nostre strade. Cadono ragazzi di sedici anni, com’è avvenuto nel Valdarno aretino poco prima che scoccasse la mezzanotte del sabato, cadono padri e madri, uno stillicidio di croci che non può lasciarci tranquilli e indifferenti.

Certo, le situazioni sono diverse, a volte è la pura fatalità che ci mette lo zampino, altre volte è la mano incosciente di un automobilista a provocare disastri, magari sotto i fumi dell’alcol o l’effetto della droga. E speriamo che l’introduzione del reato di omicidio stradale sia in qualche modo un deterrente capace di consigliare comportamenti più responsabili, verso se stessi e verso gli altri. Ma c’è anche un altro motivo per il quale si può morire in curva o in rettilineo, ovvero lo stato di abbandono in cui versano alcune strade della nostra Toscana.

Non può essere un caso se in un particolare tratto gli incidenti si assommano in un elenco sterminato che riempie i cimiteri o gli ospedali quando ancora va bene. Un esempio, localizzato ma che può valere per tutti: c’è una strada, la vecchia statale 71 oggi diventata regionale, che è tra le più lunghe d’Italia perché dalla Romagna arriva fino all’Umbria attraversando longitudinalmente la provincia di Arezzo. Nel suo tortuoso percorso taglia la Valdichiana, dividendo in due popolose frazioni e centri di migliaia di abitanti. Ebbene, la statistica dice che in un anno a causa di quei chilometri troppe famiglie versano lacrime di dolore.

E’ qui, in questa strada come in tutte le altre che soffrono dei medesimi problemi, che devono appuntarsi le attenzioni dei nostri amministratori e delle forze dell’ordine. Facciamo qualcosa. Per non piangere più.