Mercoledì 24 Aprile 2024

Montedoglio, chi sono i cinque nuovi indagati per il crollo nella diga: c'è anche vip

Fra quelli che hanno ricevuto l'avviso di chiusura indagini per disastro colposo c'è anche l'ottantenne Francesco Sisinni, presidente della commissione di collaudo ed ex direttore generale dei beni culturali

La rottura della diga di Montedoglio

La rottura della diga di Montedoglio

Arezzo, 30 dicembre 2014 - C' anche Francesco Sisinni, ottantenne ex direttore generale del ministero dei beni culturali di cui è stato uno dei creatori ai tempi di Giovanni Spadolini, fra gli indagati per il crollo della diga di Montedoglio, il 28 dicembre 2010, una notte di tregenda. E' accusato di disastro colposo insieme agli altri membri della commissione di collaudo dell'impianto: gli ingegneri Ernesto Reali e Valter Pescucci. Ci sono anche gli ingegneri Lino Coti, bolognese, e Stefano Colla, dell'ente irriguo Umbro-Toscano,all'epoca direttore della diga.

Tutti hanno ricevuto l'avviso di chiusura indagine firmato dal procuratore capo Roberto Rossi un paio di mesi fa. I membri della commissione, assistiti dall'avvocato Mauro Messeri, hanno chiesto e ottenuto di essere interrogati, come è loro diritto, e hanno presentato anche memorie difensive in cui cercano di chiarire la loro posizione: non toccava a noi, dicono, verificare le condizioni statiche della diga e dunque dei conci che si sbriciolarono miseramente quella notte di fine anno. In precedenza, c'erano state due commissioni, una insediata a fine anni '70 e un'altra a metà degli anni '9' che avevano controllato la corrispondenza dei lavori con il progetto e la stabilità del cemento armato. Non spettava a noi, spiegano gli attuali indagati, di metterne in discussione l'operato.

Francesco Sisinni è stato un personaggio importante nel mondo culturale italiano dell'ultimo mezzo secolo, forse il più potente e prestigioso fra i dirigenti che si sono susseguiti alla guida del ministero dei beni culturali. Nei prini ani '90 era stato anche arrestato ai tempi di Tangentopoli. Perchè proprio lui, laureato in lettere, figurasse alla guida di una commissione in apparenza tecnica è questione ancora da capire.

Fatto sta che a lui e agli altri il procuratore Rossi contesta di aver sottovalutato le crepe (la difesa parla piuttosto di chiazze) che nel 2006 si erano aperte sui conci. Per il magistrato era un segnale di allarme, ma all'epoca chi gestiva la diga decise di stuccare tutto e dimenticare. Eppure, sottolineano fonti vicine alla difesa, le chiazze si sono palesate almeno 15 metri più in alto del punto in cui è avvenuto il cedimento, difficile ipotizzare una correlazione.

E' come se quello schianto risuonasse ancora nell'aria, sollevando un'eco. A quattro anni esatti da quella notte di paura in cui vennero giù alcuni conci della diga di Montedoglio, scatenando una falla che provocò poi una piena del Tevere e l’inondazione di un pezzo di Valtiberina, l'inchiesta entra in un'altra fase decisiva: altri cinque indagati Altri cinque indagati per il crollo di Montedoglio. Insieme a Diego Zurli , ex direttore dell’ente irriguo Umbro-Toscano (ora Eaut), per il quale c’è già l’avviso di chiusura indagini. A fargli compagnia tre membri della commissione di collaudo quella sera al lavoro sulla diga e altri due importanti tecnici dell’ente irriguo. Quel 28 dicembre 2010 era in programma l’ultimo collaudo della diga, quello che doveva portare l’invaso alla massima capienza, 150 milioni di metri cubi d’acqua. E invece i conci cedettero e dal varco l’acqua si riversò nel Tevere, innescando l’inondazione e centinaia di sfollati.