La crisi e l'occupazione, i lavoratori stranieri in calo del 14% in due anni

Diminiusce sensibilmentea la percentuale di cittadini rumeni impiegati 1500 in meno, mentre aumentano quelli cinesi

I due immigrati sul tetto (foto Schicchi)

I due immigrati sul tetto (foto Schicchi)

Arezzo, 27 ottobre 2014 Il numero dei lavoratori stranieri nella provincia di Arezzo diminuisce fortemente: tra il 2012 e il 2014 un calo di quasi il 14%. Si è passati da 21.074 a 18.036. Ma è fortemente aumentato il numero di lavoratori cinesi: poco meno del 44% nello stesso periodo. In termini assoluti da 673 a 965.

“In base ai dati forniti dall’Inail– commenta Marco Rossi, Presidente del Comitato consultivo provinciale Inail Arezzo e  responsabile del Dipartimento salute e sicurezza della Cgil – registriamo quindi un consistente calo di lavoratori stranieri. La crisi economica non solo rallenta i flussi migratori verso il nostro paese ma anche dirotta verso altri Stati europei, con migliori opportunità occupazionali, immigrati già presenti in Italia. La comunità che ha subìto il ridimensionamento maggiore è quella rumena che è passata da 7.164 a 5.629 persone. L’incremento di lavoratori cinesi ha probabilmente duespiegazioni connesse: da una parte lo spostamento da altre realtà italiane e dall’altra nuova immigrazione. Sempre i dati Inail indicano in 141 i nuoviingressi di lavoratori cinesi nel mondo del lavoro .

I lavoratori stranieri continuano ad essere prevalente occupati nelle costruzioni e in agricoltura. Poi nelle attività svolte all’interno delle famiglie (quindi badanti e colf),nell’industria, nella ristorazione e negli alberghi, nel’informatica e nei servizi alle imprese.

“Questi dati confermano la gravità della crisi economica e ci inducono a rafforzare non solo le azioni di prevenzione e controllo per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro ma anche a promuovere ulteriori azioni di sensibilizzazione – afferma Marco Rossi. I cittadini stranieri sono spesso i più esposti a rischio. Per molteplici motivazioni. In primo luogo operano nei settori con maggiori criticità: edilizia e agricoltura. In secondo luogo provengono da paesi nei quali la cultura della sicurezza non rappresenta, nemmeno a livello teorico, una priorità. In terzo luogo lavorano spesso in condizioni di irregolarità e precarietà.  La crisi e le novità che stiamo registrando nei flussi migratori devono indurre tutti – istituzioni, imprese e sindacati – a porre nuova e rafforzata attenzione al tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Tanto più che si registra una particolarità: aumenta il numero delle imprese che non superano i due anni di vita. Questo non è solo e soltanto un indice della precarietà di molte imprese ma anche della volontà di evitare controlli, fiscali e previdenziali, che scattano dopo un congruo tempo di attività”.