Corte d'Assise - Il santone aveva la cimice della polizia nello studio: intercettati sesso e nervi a fior di pelle

Prima giornata per il processo in cui Mauro Cioni, ex sacerdote, è accusato di riduzione in schiavitù della sua setta di Montecchio e di violenza sessuale sulle adepte / Riduzione in schiavitù e violenza sessuale: ex prete rinviato a giudizio / VERBALI SANTONE / Cioni decideva tutto per tutti: compresi i matrimoni e i mariti delle adepte

mario Cioni

mario Cioni

Arezzo, 11 aprile 2015 - NELLO STUDIO di Montecchio di Mauro Cioni, il santone che si proclama come un'entità intermedia fra i suoi adepti e Dio, c'era una cimice piazzata dalla polizia per ascoltarlo. E le intercettazioni raccolte col microfono, insieme a quelle telefoniche, sono state il piatto forte dela prima giornata nella corte d'assise in cui l'ex sacerdote (ha chiesto lui stesso la dispensa dopo aver messo incinta trent'anni fa la donna che è ancora la sua compagna) è accusato non solo di violenza sessuale su molte delle fedeli plagiate, ma addirittura di riduzione in schiavità della comunità che si era raccolta attorno a lui. A Montecchio, appunto, comune di Cortona, in una cerchia nei cui segreti per anni è stato pressochè impossibile penetrare. Fino alla grande scissione del settembre 2009, quando Carlo Carli, l'altro accusato (stessi reati) del processo, se ne andò per formare una sua setta. Dando la stura alle rivelazioni da cui è nata l'inchiesta ora sfociata in assise.

Bene, ma cosa si dicevano Mauro Cioni, fiorentino d'origine, empolese di provenienza, e i suoi fedelissimi? E' la mossa d'apertura del Pm Angela Pietroiusti, della Dda di Firenze, che chiama subito sul banco dei testimoni il poliziotto che seguì le intercettazioni (partono dal 2009, dopo la spaccatura della setta), Bruno Zambon, della Squadra Mobile di Firenze, cui si devono le indagini capaci di scoperchiare un verminaio: violenze sessuali come pratica esorcistica contro il demonio, adepte che credevano di essere ognuna la predestinata chiamata da Cioni a far sesso con lui come prova di una predilezione divina, soldi che finivano nelle tasche del santone a decine di migliaia di euro, singolari teorie teologiche.

Salvatore Mannino

MA DI QUESTO dovranno parlare le protagoniste e i protagonisti nella prossima udienza, fissata per il 17 aprile. Il poliziotto della Mobile, intanto, racconta di un clima che dopo la scissione si era fatto dentro la comunità quasi impossibile. Niente più pratiche sessuali e nervi a fior di pelle, con pulsioni suicide. Come il fedelissimo che spiega, intercettato dalla cimice, di essere stato tentato di buttarsi dal tetto mentre ci lavorava sopra.

Il pomeriggio, invece, è dedicato a un altro agente della Mobile, Carlo Benelli, che si è occupato delle attività tecniche (sempre intercettazioni) relative al pezzo di setta finito sotto la direzione di Carli, non più a Montecchio ma a Siena. Infine tocca al maresciallo della Finanza Cirina, che ha seguito i conti della comunità e in particolare di quelli del Santone, che non ha mai lavorato e ha sempre vissuto dei contributi pagati dagli adepti: nelle sue disponibilità bancarie, dal 2005 al 2010, sono transitati ben 110 mila euro, la gran parte dei quali (95 mila) in contanti.

ANCHE CARLI aveva la stessa abitudine: farsi mantenere dai fedeli, ma suo padre, primario delle Scotte di Siena, ha restituito in tutto o in parte quanto le donne della comunità avevano versato. Per la prima udienza basta così, presto toccherà anche alla singolari idee teologiche del secondo santone, riferite dalle sue donne: Gesù predicava la ricchezza e non la povertà, per questo San Francesco e Padre Pio sarebbero stati condannati all'inferno. E' il mondo delle sette, non c'è da stupirsi di niente.