Gratien: "Interrogatori sotto calmanti o mal tradotti". "I due incontri con Zio Francesco"

Poco lucido col Pm ad agosto? Mi davano le gocce in carcere. La battuta del coniglio? Colpa dell'interprete. Guerrina incinta? No, diceva che voleva un figlio da me. Ma conferma che l'ultimo incontro con lei e quel Francesco è del 10 maggio, dopo la scomparsa

Graziano oggi in assise

Graziano oggi in assise

Arezzo, 2 luglio 2016 - Prima linea di difesa per padre Graziano che ha scelto di raccontare come durante il primo interrogatorio in carcere gli avessero somministrato delle gocce calmanti che non lo avrebbero reso molto lucido. E' quanto ha dichiarato in tribunale. 

E comincia così in aula l'interrogatorio di Padre Graziano dopo il rinvio dell'udienza della scorsa settimana per un lieve malessere del religioso accusato dell'omicidio di Guerrina Piscaglia e della distruzione del suo cadavere. Graziano, per scelta del suo collegio difensivo, si presenta in assise per l'interrogatorio nell'udienza clou del lungo processo. 

Ed è un inizio serratissimo. Gratien dà del tu al Pm Marco Dioni, ma è chiaro che non si tratta di una mancanza di rispetto ma di scarsa dimestichezza con la lingua che spesso incide in particolare sulla forma del dialogo.

E un passo alla volta Dioni lo porta su tutti i punti spinosi della vicenda. Il famoso interrogatorio per spiegare la battuta del coniglio ("vengo,cuocio il coniglio e poi facciamo l'amore") secondo il religioso era stato mal tradotto dall'interprete: non capiva bene, dice,  le sfumature del francese e rivedendone poi il testo aveva scoperto di non aver mai detto quelle cose.

E poi Guerrina che gli disse di essere incinta? No,è la risposta, ma che prima dell'operazione nel novembre del 2013 gli disse che avrebbe voluto un figlio da lui. E allora perché l'indicazione di una dottoressa di colore da lui consigliata? Le disse solo che nel caso ne avesse avuto bisogno conosceva una ginecologa.  

"Tu mi vuoi divorare" sbotta Gratien davanti al magistrato, visto il ritmo dell'interrogatorio.

Il frate  è incalzato dalle domande stringenti del pubblico ministero Marco Dioni e delle altre parti. Su zio Francesco, figura che gli inquirenti considerano puro frutto di fantasia. Nella prima parte solo un accenno: la conferma che l'ultima volta vide Guerrina insieme a questa strana figura il 10 maggio e che in quell'occasioone gli chiese una mano per prendere il figlio.

Nell'ultima parte della mattinata il frate racconta di Zio Francesco, la fantomatica figura che lui solo ha visto: mi avvicinò in chiesa a Sestino il pomeriggio del primo maggio, si presentò come Francesco ma disse che Guerrina lo chiamava Zio. Chiese soldi a nome di lei che ne aveva bisogno per dormire fuori e non rientrare a casa dopo la fuga. Lui gli spiegò che soldi in tasca non ne aveva, ma che poteva dare due numeri di telefono, della catechista Giuseppina Mazzoni e del marito: loro potevano aiutare i due in fuga.

Ma il tema Zio Francesco viene appronfondito nel pomeriggio che riprende all 15. Il doppio incontro col misterioso accompagnatore di Guerrina nella fuga, lo stesso primo maggio a Sestino e il 10 davanti alla canonica di Ca’ Raffaello. Lì c’è anche la donna che chiede di andare a prendere il figlio per portarlo con sè. Il frate rifiuta ma chiede a lei: come faccio a cercarti se hai il cellulare spento? Dioni si insinua come un falco: come faceva a saperlo se non l’ha più cercata dal giorno della scomparsa?

Gratien prova a salvarsi in angolo: me l’hanno detto Mirco e il padre Benito. Ma loro hanno già giurato di no da testimoni. Chi è il bugiardo? E poi, secondo il Pm, gli orari del primo maggio non tornano: coi tempi che racconta Padre Graziano l’incontro non può essere avvenuto prima delle 18. E il sms a Padre Hilary, quello che avrebbe fatto Zio Francesco per un numero errato fornito dal frate, è delle 17,26. Qualcuno non la racconta giusta.

Il collegio difensivo, composto dai legali Riziero Angeletti, Francesco Zacheo e Sergio Novani, ha optato per la scelta dell'interrogatorio nella convinzione che il religioso congolese saprà essere convincente. Alabi ha studiato attentamente le carte del processo nella sua cemeretta al convento romano dell'ordine premostratense dove si trova agli arresti domiciliari, misura pochi giorni fa confermata dal tribunale del Riesame di Firenze. Ha barcollato, non ha mollato ma dopo aver subito colpi pesanti fino al tappeto