Gasperini: "Dall'impasse della giunta Fanfani ai temi nazionali, perchè il Pd ha perso. Ma dovevamo rivendicare il buono già fatto"

La diagnosi del prosindaco che per un anno ha sostituito il Nipotissimo: Pd troppo autosufficiente, ma a sinistra era difficile trovare un'intesa

Stefano Gasperini

Stefano Gasperini

Arezzo, 30 giugno 2015 - VOCI DAL NAUFRAGIO del Pd. Stavolta tocca a Stefano Gasperini, il prosindaco che per quasi un anno ha retto il Comune orfano di Fanfani, il candidato che Matteo Bracciali aveva stracciato alle primarie. Ma lui, assicura, non ha vendette da consumare, solo diagnosi da offrire. Gasperini, che succede ora nel Pd? «Prima di tutto dobbiamo evitare di nascondere la cenere sotto il tappeto. Di far finta di niente senza cercare di capire quello che è successo. Poi si va avanti tutti insieme per ricostruire le ragioni dell’opposizione. Non ha perso Bracciali, abbiamo perso tutti. E non mi interessano le formule, i reggenti, le conferenze di organizzazione e tutto il gergo d’occasione. Conta la sostanza». Quindi, per lei che renziano non è, non è stato battuto solo il candidato renziano... «Matteo era il candidato di tutto il partito, le responsabilità sono comuni. Serve un Pd che includa, non che elimini le persone. Le notti dei lunghi coltelli non mi appassionano». Eppure a Roma la sinistra del partito accusa la gestione di Renzi. «La mia è una via di mezzo. Condivido un certo piglio riformista anche se non nascondo le mie perplessità su alcune riforme». Lei passava per civatiano, ma il suo leader se ne è andato e lei è rimasto. «Non credo che lasciare il Pd sia la via giusta. Sono d’accordo con Enrico Rossi. In questo momento nulla salus extra ecclesia. Non c’è spazio d’azione fuori da questo partito». A bruciapelo. Se l’aspettava di perdere Palazzo Cavallo? «Credo non se lo aspettasse nessuno. Avevo percepito una qualche disaffezione, ma pensavo a una vittoria di misura, non a una sconfitta così». Perchè avete perso? «Ci sono tante ragioni, nazionali e locali. L’elenco è lungo». Quelle extraaretine? «Abbiamo pagato gli effetti di alcune riforme, come sempre succede a chi governa. La scuola ad esempio. Tutte quelle schede annullate sono significative. E poi ha pesato un tema scottante come la sanità. Un dibattito lungo mesi, nel quale la Regione è stata percepita negativamente dagli elettori. In extremis è arrivato quel grande risultato che è stato l’annuncio di Enrico Rossi sulla sede della Usl qui. Ma la gente si era fatta un giudizio che non siamo riusciti a cambiare». Qui, invece, cosa avete pagato? «La seconda giunta Fanfani, non nascondiamoci, ha segnato il passo. Anche per motivi oggettivi come la scarsità di risorse. E poi le elezioni anticipate di un anno ci hanno impedito di sfruttare fino in fondo grandi lavori come la Fortezza, il Teatro Petrarca, le Logge del Grano. Siamo stati timidi nel rivendicare risultati ottenuti in mezzo alla tempesta. E non dimentichiamo le primarie così lontane dalle elezioni. Noi ci siamo logorati nell’attesa, gli altri si sono compattati». Insomma, sarebbe servita più continuità o più discontinuità? «Non potevamo nascondere le difficoltà ma dovevamo anche rivendicare il tanto di buono che è stato fatto». Bracciali era il candidato giusto? «Era un ottimo candidato. Ma doveva presentarsi come quel giovane carismatico che è. L’impressione è che gli sia stato cucito addosso un abito sbagliato, che lo ha invecchiato, gli ha tolto freschezza senza farlo percepire come l’uomo di esperienza». Lei su Facebook parla di un Pd con la sindrome dell’autosufficienza. «Ma non è mica solo colpa del Pd. Quando la sinistra si presenta frammentata con ben quattro candidati a sindaci farebbe bene a riflettere». E ora Gasperini che fa? «Intanto credo che bisogna prestare poca attenzione alle formule e molta ai problemi della città. Quanto a me, lavorerò per ricucire a sinistra. E poi c’è la mia vecchia idea della smart city, della città intelligente, dai servizi al traffico».

Salvatore Mannino