Ex Bpel, un "buco" da 30 milioni negli affari spericolati con Consorte

Il caso ricostruito dalla relazione Santoni. E' il finanziere ex Unipol che aveva dato la scalata a Bnl. "Sono rimasto ingannato anch'io" ha dichiarato in un'intervista

Giovanni Consorte (Fotoschicchi)

Giovanni Consorte (Fotoschicchi)

Arezzo, 24 maggio 2016 - Diceva Gordon Gekko, il protagonista di Wall Street che un affare è tale se tutti ci guadagnano. Invece negli affari fra Banca Etruria e Giovanni Consorte ci hanno rimesso tutti: la banca che lascia sul terreno, secondo la stima del liquidatore Giuseppe Santoni, perdite per 30 milioni su un valore nominale di 50, e lo stesso finanziere ex Unipol, che aveva investito 12 milioni in subordinate Bpel, tutti azzerati il 22 novembre, come lui stesso riconosce con rabbia in un’intervista.

Chi sia Consorte il grande pubblico forse se lo ricorda da tempi di Bancopoli, la scalata alla Antonveneta (quella che poi ha rischiato di rovinare Mps) e l’assalto a Banca Nazionale del Lavoro condotto di concerto con i celeberrimi Furbetti del Quartierino per conto appunto di Unipol. L’affare che convinse Piero Fassino, allora segretario Ds, a chiamare proprio Consorte e lanciargli la famosa domanda: «Ma allora abbiamo una banca?».

Operazioni che inducono le coop rosse a cacciare Consorte da Unipol. Ma lui non si arrende e nel 2007 riparte con una nuova creatura, Intermedia. E’ questa la sigla attraverso la quale il finanziere di origine abruzzese ha accumulato con Etruria, stando alla puntigliosa ricostruzione di Santoni nella relazione sullo stato di insolvenza, 19 milioni di affidi e partecipazioni con perdite secche per 11.

Altri 30 milioni di esposizioni con 21 di perdite li mettono insieme i soci di Intermedia: Attività Finanziarie e Immobiliari (2 milioni e 157 mila euro di perdite); Hevea Srl (7 milioni e 568 mila in fumo); Roev Italia Srl (1 milione e 496 mila bruciati); Albano Guaraldi (1 milioni e 476 mila di rosso); Isoldi Spa (8 milioni e 950 mila perduti).

Tutto comincia nel 2010, quando il Cda di Bpel delibera di cedere quote delle assicurazioni Bap Vita e Bap Danni per alleggerire la posizione finanziaria della banca. Si fa avanti appunto Consorte con Intermedia, c’è un incontro a Firenze fra lui, accompagnato da un certo Maurizio Salvarani elo staff dirigente di Etruria, il presidente Giuseppe Fornasari con il direttore generale Luca Bronchi. Il gioco delle società si fa a questo punto vorticoso, Santoni ci impiega pagine e pagine per ricostruirlo.

Ci sono di mezzo la stessa Intermedia, alcune sue controllate, associazioni apparentemente benefiche come Sarepta e l’istituto Padre Beccaro che a loro volta costituiscono sigle finanziarie sul momento. Alla fine c’è una sorta di scambio: Consorte compra una partecipazione in Bap Vita per 7 milioni e una piccola quota di Bap Danni, Bpel entra per 5 milioni e 300 mila in Intermedia Holding (perdita di 4,8) e per 2 milioni e 350 mila (integralmente bruciati) in Intermedia Credito, società di credito al consumo.

Ma il bello è che contemporaneamente la banca si espone con affidamenti per 13 milioni verso la stessa Intermedia e altri 30 verso i soci di Consorte. Nell’audit disposto dai commissari durante il periodo dell’amministrazione straordinaria si rileverà poi «una stretta concomitanza temporale tra gli affidamenti concessi dalla banca e le operazioni di acquisto delle quote Bap da parte di soggetti terzi ovvero l’utilizzo diretto (vedasi Intermedia Holding Spa) o indiretto (vedasi Sarepta) di parte dei finanziamenti del nostro istituto».

Insomma da un lato Etruria concede crediti, dall’altro vende agli stessi soggetti quote della sua Bap. Un po’ sul modello dell’operazione Palazzo della Fonte. Consorte, intanto, sottoscrive le subordinate. «L’Etruria ha ingannato anche me», dirà in un’intervista al Tempo dopo l’azzeramento dei bond. Ma in questo incrocio di sigle e di soldi che è più complesso di un puzzle chi ha fregato chi?

di Salvatore Mannino