Suspense Bpel, chiusa l'udienza: la corte si riserva, verso l'insolvenza?

Il pm Rossi chiede l'insolvenza e l'insussistenza dell'incostituzionalità. I numeri del liquidatore, la memoria difensiva di Rosi, i cui avvocati hanno sollevato due questioni di incostituzionalità del decreto. Dal verdetto dipende l'eventuale apertura di un'indagine per bancarotta. Le cifre di Banca d'Italia:ok al liquidatore; Investitori vogliono costituirsi parte civile

Clelia Galantino

Clelia Galantino

Arezzo, 8 febbraio 2016 -  E' suspense vecchia Banca Etruria, dopo che ieri mattina si è chiusa l'udienza del del collegio fallimentare del tribunale chiamato a decidere sul ricorso per l'insolvenza della vecchia Bpel presentato dal liquidatore Giuseppe Santoni. la corte si è riservata la decisione sia sul merito che sulle questioni i incostituzionalità sollevate dagli avvocati dell'ultimo presidente Lorenze Rosi. Il pm Roberto Rossi ha chiesto a sua volta lo stato di insolvenza e l'insussistenza dell'incostituzionalità. Si va verso la dichiarazione di insolvenza? I pronostici sono in tal senso.

Il caso Banca Etruria è dunque approdato nelle aule di tribunale con l’udienza del collegio fallimentare  nel quale il commissario liquidatore della vecchia Bpel, Giuseppe Santoni, ha chiesto che venga dichiarata l’insolvenza. Questione civilistica ma che potrebbe avere un profondo impatto penale.

Solo nel caso in cui i giudici decidano per l’insolvenza, la procura e il suo capo, Roberto Rossi, potranno cominciare a indagare sugli eventuali versanti di bancarotta fraudolenta. Che potrebbero investire quello che fu l’ultimo vertice dell’Etruria, ossia il consiglio d’amministrazione il cui membro più famoso era Pierluigi Boschi, il padre di uno dei ministri più famosi del governo Renzi. E solo così si spiega l’interesse spasmodico che il crac di una banca di provincia ha scatenato.

L’udienza si giocava sui numeri che Santoni ha presentato in tribunale, poco più di un mese dopo il decreto del 22 novembre. Le cifre che il commissario mette in fila sono eloquenti quanto contestate: un miliardo e 167 milioni di buco, 587 dei quali di sprofondo rosso dei bilanci e 580 frutto della svalutazione di crediti deteriorati (abbattuti al 17 per cento) e attività), 863 milioni coperti da capitale sociale, riserve e mezzi propri ulteriori (comprese quindi le obbligazioni subordinate che sono state al centro della tempesta scatenata dai risparmiatori befatti) e 305 milioni di debiti cui la vecchia Bpel, ormai una scatola vuota, non sarebbe in grado di far fronte.

Il grosso è quanto ci ha messo il Fondo di risoluzione della Banca d’Italia (283 milioni), il resto sono i 22 milioni di subordinate che il decreto non ha cancellato. Santoni non ha dubbi: questi numeri impongono che venga dichiarata l’insolvenza. Si sono opposti in aula gli avvocati dell’ultimo presidente Lorenzo Rosi, Michele Desario e Antonino Giunta: non ritengono ci siano gli elementi del dissesto, ma sollevano anche due questioni di incostituzionalità del decreto, che violerebbe gli articoli 2, sul principio di eguaglianza, e 47, sulla tutela del risparmio.

La memoria difensiva nega le responsabilità di quello che fu il board dell’Etruria e sottolinea gli errori di Bankitalia. Noi, spiega l’ex vertice di Bpel, abbiamo lasciato i conti in attivo di una sessantina di milioni, il dissesto è arrivato prima con la gestione commissariale (60 milioni di ulteriore deficit) e poi col decreto del 22 novembre. Il  collegio fallimentare è guidato dal presidente del tribunale Clelia Galantino, a fianco i giudici Antonio Picardi, e Paolo Masetti. 

Una trentina di obbligazionisti e risparmiatori di Banca Etruria erano già davanti all'ingresso del tribunale civile di Arezzo prima dell'udienza. «Non votate più Pd, era meglio quello di prima, almeno si sapeva com'era» uno degli slogan ripetuti al megafono dai risparmiatori-obbligazionisti che dalle 8,30 hanno presidiato l'ingresso del tribunale, precluso a loro e ai giornalisti: l'udienza era infatti a porte chiuse. Sull'esterno i manifestanti hanno attaccato i loro soliti cartelli contro il governo Renzi, contro Consob e Bankitalia, chiedendo soprattutto che vengano «restituiti a noi tutti i nostri soldi».