Albatros: "Evasione non oltre i 2 milioni". L'avvocato dei fratelli Franzese corregge le cifre. "Nessuna villa da sogno"

La Procura snocciola cifre record e parla di 7 immobili sequestrati. Meccanismo? Un registro parallelo agli scontrini e alle ricevute

La Finanza in azione

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Arezzo, 22 aprile 2015 - C’è il nome dei titolari, c’è una famiglia arrivata da Napoli molti anni fa, ci sono una serie di negozi sparsi tra Arezzo e provincia. E c’è dietro, secondo la Guardia di Finanza, un’evasione fiscale per oltre nove milioni con il conseguente sequestro di una serie di immobili tra cui una splendida villa con piscina coperta, nella campagna aretina che guarda al Casentino.  Nel mirino la famiglia Franzese che gestisce negozi di abbigliamento casual e sportivo contraddistinti da un marchio molto noto: i magazzini Albatros,  cinque sedi in provincia tra cui un punto vendita nella galleria dell’Ipercoop. I negozi proseguono regolarmente nella loro attività.

Fratelli Franzese che il giorno dopo rispondono a tono, sia pur attraverso il loro avvocato Maria Rita Giommoni. Evasione fiscale da 9 milioni di euro con tanto di sequestro per equivalente per una villa alla periferia di Arezzo e altri sette immobili. L’avvocato nega che in ballo ci siano 9 milioni: «Un valore di molto inferiore, al massimo due milioni. Quei numeri danneggiano l’immagine e gli affari dei miei clienti».

E poi, spiega Maria Rita Giommoni, è ancora in corso una trattativa con il fisco sulle reali dimensioni del contenzioso. «I Franzese stanno già pagando le prime rate del loro debito». E la villa? «Non è così lussuosa come descritta. La piscina coperta è un’esagerazione. Gli altri oggetti del sequestro sono porzioni di fabbricato adibite a magazzino e si trovano a Napoli». Il meccanismo ipotizzato dalle Fiamme Gialle è che al registro dei corrispettivi si togliesse uno zero per far sembrare gli incassi molto inferiori rispetto al reale, ma anche in questo caso l’avvocato Giommoni contesta la ricostruzione. Comunque sia, il caso approda dinanzi al Gip.

Secondo la Procura le società si erano “distinte” negli anni per non aver mai subito verbali concernenti mancate emissioni di scontrini e per essere state sempre in linea con i cosiddetti “studi di settore”, ma gli elementi in possesso dei finanzieri lasciavano immaginare una situazione ben diversa. Infatti, all’accesso presso una delle sedi delle imprese coinvolte sono stati ritrovati, nascosti in un armadio, numerosi registri dei corrispettivi che riportavano importi veramente esigui rispetto al numero dei clienti ed al volume delle vendite che i negozi riuscivano a garantire nell’arco di una giornata.

Il sistema evasivo architettato dagli imprenditori consisteva nella puntuale emissione degli scontrini fiscali e registrazione dei corrispettivi presso i punti vendita, evitando di conseguenza l’emersione di possibili indici di pericolosità fiscale in caso di controlli strumentali e, contestualmente, permetteva in un secondo tempo presso la sede amministrativa la “creazione ad hoc” di nuovi registri dei corrispettivi dove venivano annotati importi inferiori che confluivano, successivamente, nelle dichiarazioni annuali. In pratica bastava togliere uno zero dalla registrazione di fine giornata ed ecco che i 10.000 euro effettivamente incassati diventavano solo 1.000 da sottoporre a tassazione. Un “gioco” pericoloso che ha però fruttato agli imprenditori notevoli risparmi d’imposta, almeno fino all’arrivo della Finanza.