Ubi, il polo nazionale dell'oro rimarrà qui: salva la sede direzionale

Sarà una delle tre strategiche insieme a Firenze e forse Siena. Esuberi gestiti con gli strumenti ordinari, senza la scure

Bpel ammaina le insegne

Bpel ammaina le insegne

Arezzo, 8 luglio 2017 - La macro-area, il presidio territoriale per tutta l’Italia centrale su cui la classe dirigente aretina aveva puntato per tappare il buco lasciato dall’assorbimento di Banca Etruria in Ubi, se ne è andata definitivamente, migrata verso Roma. In compenso, l’impero creditizio diretto da Victor Massiah sembra deciso a concentrare ad Arezzo il polo orafo dell’intero gruppo.

Qui, insomma, potrebbero essere decise le strategie relative al comparto del metallo prezioso per tutta la sfera di influenza di Ubi. Niente di ufficiale ancora, ma sono indiscrezioni autorevoli che trapelano dai piani alti di via Calamandrei, dove da qualche settimana è installata la task-force, guidata dall’amministratore delegato SilvanoManella, che ha presole redini per conto di Ubi, anche se la fusione ufficiale di quella che ora è Banca Tirrenica nel gruppo avverrà solo entro la fine dell’anno. In via Calamandrei resterà quasi sicuramente anche una direzione territoriale di rilievo strategico, la più importante della Toscana, perchè guiderà in primis le filiali della provincia di Arezzo che erano il cuore della vecchia Banca Etruria quando a massa creditizia raccolta.

Un’altra direzione territoriale sarà a Firenze e presidierà l’area centrale della regione, in particolare la città metropolitana con il suo hinterland fino a Prato e Pistoia. La terza, invece, potrebbe aver sede a Siena e governare da lì l’area della costa, in particolare la Maremma.

Quanto al centro direzionale, è destinato al ridimensionamento di cui si è parlato anche nella trattativa sindacale in corso a Bergamo, ma gli effetti sull’occupazione potrebbero essere meno drammatici di quanto si potesse inizialmente temere. Indiscrezioni autorevoli spiegano che potrebbe trattarsi di una riduzione fisiologica gestibile con i prepensionamenti e gli altri strumenti di contenimento ordinario del personale. Insomma, senza un piano di tagli da lacrime e sangue.

Massiah, del resto, lo aveva promesso fin dalla prima conferenza stampa dopo il subentro di Ubi all’interregno delle Good Bank amministrate da Banca d’Italia, con Roberto Nicastro presidente e Roberto Bertola, che in questi giorni ha lasciato definitivamente Arezzo dopo un periodo di affiancamento al nuovo staff dirigente. A una domanda specifica de La Nazione, Massiah aveva risposto che non ci sarebbero stati licenziamenti, come da tradizione di Ubi.

Certo, allora si sperava ancora che Arezzo potesse essere la sede della macro-area per l’Italia centrale, che invece è stata destinata a Roma. Ma già il polo orafo nazionale è un primo segnale di attenzione di Ubi nei confronti dell’eredità della fu Banca Etruria. In sostanza, tutta la politica creditizia verso il comparto potrebbe essere decisa qui. Non solo per il distretto aretino, ma anche per gli altri due di Vicenza e di Valenza. D’altronde, il gruppo diMassiah non ha un’esperienza specifica di mercato orafo, che invece era una delle vocazioni precipue della vecchia Bpel, principale operatore del settore insieme a Popolare Vicenza.

Adesso, dopo la bufera che ha investito entrambi gli istituti, la ex Bpvi è entrata nell’orbita di Intesa, ma Ubi-ex Etruria, che è più avanti con il piano di ristrutturazione, potrebbe approfittare della difficile situazione dei vecchi concorrenti, per guadagnare spazi di mercato. Intanto, è giunta a compimento l’aumento di capitale da 400 milioni che Ubi aveva avviato per garantire la continuità dei suoi alti lratios patrimoniale nel momento in cui assorbiva le tre Good Bank. Sottoscritte anche le ultime azioni su un totale di 167 mila. Il gruppo è di sana e robusta costituzione, il resto si vedrà entro l’anno, quando il matrimonio sarà ufficiale.