Lettera aperta di 100 lavoratori Bekaert: "ci vuole una soluzione industriale seria"

Il gruppo di dipendenti chiede alle istituzioni una mobilitazione per proposte solide, dal punto di vista economico, rigettando l'idea della cooperativa. La prima risposta di D'Ettore e Mugnai.

La Bekaert

La Bekaert

Arezzo, 20 maggio 2020 - “Vogliamo una soluzione industriale seria che garantisca non solo a noi lavoratori, ma anche alle nostre famiglie e alla comunità intera un futuro di lavoro e dignità”. Questo uno dei concetti espressi, in una lettera aperta indirizzata alle istituzioni, da un gruppo di 100 lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno, che si sono mostrati contrari al progetto della cooperativa. Dopo aver ricordato quello che hanno vissuto quel famoso 22 giugno 2018 (“guardie private all’interno dello stabilimento, lettere di licenziamento che arrivano alle nostre famiglie contestualmente alla comunicazione della direzione aziendale”), il gruppo di dipendenti ha affrontato anche il post chiusura.

“Dal quel giorno – si legge nella lettera – sono passati mesi, anni, abbiamo sofferto, abbiamo gioito quando è stata reintrodotta la cassa integrazione per cessazione, abbiamo sperato di fronte a possibili interessamenti di importanti aziende, oggi ci fa tremendamente paura l’indifferenza e l’abitudine che situazioni così non debbano trovare soluzioni. Ultimamente vediamo e leggiamo la dizione: lavoratori Bekaert per portare avanti soluzioni e richieste a noi sconosciute o semplicemente per noi non praticabili. Nelle assemblee abbiamo sempre chiesto e poi ottenuto, tramite l’accordo del 3 ottobre 2018 siglato al Ministero, di poter cercare una reindustrializzazione stabile per il sito di Figline Valdarno, per questo crediamo che la strada da percorrere sia quella della ricerca di una reindustrializzazione basata su industriali che abbiano competenza delle lavorazioni possibili all’interno del sito ed una conoscenza dei mercati e dei clienti, ma anche consapevoli delle criticità degli stessi, dovuta alla forte concorrenza sui prezzi dei prodotti, della materia prima e della necessità continua di investimenti su ricerca e sviluppo”.

La richiesta alle istituzioni è quella di aiutare, ciascuno nel proprio ruolo, a trovare soluzioni con questo tipo di caratteristiche per poter tornare a vedere il sito di Figline Valdarno produttivo e competitivo. “Altri tipi di soluzioni, accennati in alcune riunioni presso il Ministero dello Sviluppo Economico non ci interessano perché non sarebbero in grado di dare nessuna risposta alle problematiche descritte sopra”, hanno concluso i lavoratori. Alla lettera è arrivata una risposta immediata dei parlamentari di Forza Italia Stefano Mugnai e Felice Maurizio D’Ettore . In premessa i due esponenti azzurri ricordano che il Ministero e lo stesso advisor dovrebbero avere gli elementi necessari per “dare delle risposte sul piano industriale considerate le istruttorie già svolte”. La segnalazione dei lavoratori “si riferisce a un settore industriale – proseguono – dove la materia prima è particolarmente costosa e il mercato fortemente selettivo; di conseguenza, qualsiasi progetto industriale sarebbe qualificato dalla presenza di un’azienda siderurgica come partner necessario".

"Condividiamo, e lo abbiamo detto pubblicamente da tempo e più volte, anche tramite atti di sindacato ispettivo presentati alla Camera dei Deputati, che ogni soluzione pratica debba essere volta a dare reali opportunità per il mantenimento e lo sviluppo di quote di mercato per i prodotti dello stabilimento di Figline e, quindi, di garanzia dei livelli occupazionali. Al contempo, siamo consapevoli della complessità della vicenda industriale, ma ribadiamo che appare necessaria la massima prudenza e senso di responsabilità quando si ipotizzano soluzioni che prefigurano, ad esempio, la ricapitalizzazione finanziata con i Tfr dei lavoratori”. Mugnai e D’Ettore hanno confermato la loro disponibilità a ogni iniziativa per “affrontare ancora e, auspichiamo, in termini risolutivi la grave crisi industriale apertasi quasi due anni fa. Due anni di attesa, due anni di purgatorio sono lunghi, sono davvero troppi”, concludono.