Prima sentenza Etruria: Fornasari, Bronchi e Canestri assolti. Ecco perché

L'accusa era ostacolo alla vigilanza: per il Gup il fatto non sussiste nel caso di Palazzo della Fonte e non costituisce reato sui crediti deteriorati

Luca Bronchi e Giuseppe Fornasari

Luca Bronchi e Giuseppe Fornasari

Arezzo, 1° dicembree 2016 - Tutti assolti. La prima sentenza sul caso Etruria vira nettamente a favore degli imputati, che poi sono gli ex vertici della banca. Assolti dall'accusa di ostacolo alla vigilanza di Bankitalia quindi l’ex presidente Giuseppe Fornasari, l’ex direttore Luca Bronchi e il direttore centrale David Canestri. Assolti perché il fatto non sussiste nel caso del Palazzo della Fonte e perché il fatto non costituisce reato nel caso dei crediti deteriorati.

David Canestri
David Canestri

Una camera di consiglio durata poco più di due ore. Il tempo necessario al gup Annamaria Loprete per arrivare alla sua decisione. Tutto dopo le controrepliche dei difensori e, almeno in base a quanto emerge, una nuova memoria anche della procura.

Una sentenza che addolcisce la due giorni in particolare dell'ex direttore generale Luca Bronchi: aveva scoperto infatti alla vigilia che la cassazione aveva respinto  il ricorso contro il sequestro parziale della sua liquidazione. Quindi 475 mila euro (su un milione lordo) bloccati una volta per tutte. 

Come noto per Fornasari e Bronchi il Pm aveva chiesto due anni e 8 mesi mentre ne aveva richiesti due per Canestri. Due i capi di imputazione che venivano contestati, sulla scorta della relazione eseguita  da uno dei «mastini» di via Nazionale, Emanuele Gatti.

A Bankitalia sarebbero stati nascosti i reali termini dello spin-off immobiliare del 2012 «Palazzo della Fonte. L'accusa è che i soci del consorzio che si accollò il patrimonio immobiliare della banca furono parzialmente finanziati dalla stessa Bpel, attraverso prestiti a società loro collegati e con una garanzia sul mutuo contratto che sarebbe ricaduta sulla banca aretina. Su questa accusa il Gup ha sentenziato che il fatto non sussiste.

Era stata Bankitalia ad aprire il caso. Per via Nazionale la cessione dell’immobiliare Palazzo della Fonte, passata nel dicembre 2012 a un consorzio di imprese esterne, non era reale perchè c’erano finanziamenti e garanzie i cui rischi ricadevano su Etruria. La procura aveva poi parzialmente corretto il tiro, sulla scorta della consulenza d’ufficio, ipotizzando che la vendita fosse sì vera ma che l’omessa comunicazione di prestiti e garanzie a Banca d’Italia ne avesse ostacolato la vigilanza.

Era il primo capo d’imputazione e per il Gup Lo Prete non sussiste. Il perchè lo si capirà solo dalle motivazioni, entro 90 giorni, ma la difesa deve aver fatto breccia sostenendo che i finanziamenti alle società satellite degli acquirenti non c’entravano con l’affare o che quantomeno la loro comunicazione non avrebbe indotto Bankitalia a prendere misure di vigilanza.

 L’altra contestazione era sulla sottovalutazione che ci sarebbe stata nel bilancio 2012 dei crediti deteriorati, trattenuti mentre erano già divenuti sofferenze, per evitare i maggiori accantonamenti e la conseguente erosione del patrimonio. Fu Gatti a imporre le rettifiche. E anche per questa accusa c'è stata una sentenza di assoluzione, in questo caso perché il Gup ha valutato che il fatto non costituisca reato.

Bronchi e Canestri nei loro interrogatori si sono difesi spiegando di aver applicato i criteri vigenti all’epoca. Tante banche, hanno spiegato i loro legali, si erano trovate nella stessa situazione per la pesante recessione, ma solo ad Etruria è stato contestato di aver ostacolato la vigilanza.