"Etruria, offerta da 300 milioni di Bper". Ma a Modena il Cda frena prima

Il consiglio d'amministrazione emiliano si limita a esaminare il dossier ma l'interesse c'è. Il prezzo comprende anche Banca Marche, tutti gli scenari

Roberto Nicastro

Roberto Nicastro

Arezzo, 26 agosto 2016 - NON C’È alcuna offerta, neppure di quelle non vincolanti, di Bper per Banca Etruria. Non c’è ancora perlomeno, perchè il dossier good bank è stato al centro del Cda dell’istituto modenese che si è svolto ieri pomeriggio e della relazione dell’amministratore delegato Alessandro Vandelli. E addirittura c’è chi parla (il quotidiano economico Milano Finanza che ieri mattina ci ha sparato un titolone in prima pagina) di un’offerta già pronta per Etruria e Banche Marche insieme: 300 milioni per portarsi a casa l’intero pacchetto.

Fonti informali di Bpel frenano: ancora troppo presto per parlare di proposte concrete, per ora siamo fermi al livello di quanto si è discusso in Cda, cioè che il taccuino di cessione delle good bank nate dalla risoluzione del 22 novembre è riaperto e che quindi anche Banca Popolare dell’Emila Romagna deve valutare se iscriversi alla corsa per l’acquisto.

Se così fosse (e contatti diretti ci sono stati anche nei giorni scorsi, in particolare con Banca Etruria nei cui conti i modenesi hanno cominciato a mettere gli occhi), però, Bper non pare interessata nè a un affare in blocco (tutti e quattro gli istituti risorti dall’insolvenza) nè ai due bocconi minori. Per Carichieti l’interesse è soprattutto di Popolare Bari e la banca di Vandelli si ritiene già coperta nell’area abruzzese, mentre per Cariferrara ci sarebbe una sovrapposizione di sportelli che renderebbe l’acquisto poco produttivo. Insomma, se Bper dovesse rispolverare un dossier dal quale si era tirata indietro nei mesi scorsi dopo la manifestazione di interesse di gennaio, lo farebbe solo in funzione di un’espansione verso aree vergini nelle quali i modenesi non sono presenti. E da questo punto di vista sia Marche sia soprattutto Banca Etruria vengono considerate come ipotesi da tenere in seria considerazione.

LUNGO la dorsale a ovest dell’appennino, coperta in forze dalla banca aretina, Bper non esiste quasi, allargarsi in questa direzione potrebbe diventare un’opzione strategica.Ma le variabili sono ancora molte e non tutte di facile soluzione. Innanzitutto c’è il problema di chi vende, cioè il fondo di risoluzione per conto del quale tratta il presidente Roberto Nicastro. La questione è semplicissima: per ricapitalizzare a novembre le 4 good bank sono serviti a fine anno fra 1,4 e 1,6 milioni. E’ ovvio che gli istituti finanziatori (Intesa, Unicredit e Ubi in prima fila) vogliano rientrare di quanto più è possibile. Per questo è stata dichiarata irricevibile l’offerta vincolante dei fondi Usa Apollo e Lone Star: avevano messo sul piatto tra i 300 e i 500 milioni, con una perdita secca di un miliardo per le banche finanziatrici.

MA SE ANCHE avesse un fondamento l’offerta di cui parla Milano Finanza, 300 milioni sarebbero per Bpel e Marche sarebbero pur sempre cento in meno dei 400 spesi per rifinanziare la solo Nuova Etruria. Per chi vende, insomma, sarebbe sempre un affare in forte perdita. E’ vero che nel frattempo il mercato bancario, anche quello borsistico, è crollato e continua ad avere forti difficoltà (ieri Bper ha perso il 2,9 e Unicredit il 3,6), ma contabilizzare il rosso non è mai gradevole. Restano 35 giorni fino al 30 settembre, la dead line fissata da Bruxelles, salvo prorogne. E i giochi restano tutti da fare.

Salvatore Mannino