Etruria a Ubi, ufficiale l'ok di Bankitalia. Raccolta e impieghi quasi dimezzati dal 2013

Il direttorio ha detto sì alla stipula del contratto per la cessione all'istituto di Bergamo di Banca Etruria. Le prossime tappe: in testa il passaggio europeo

Victor Massiah ha costruito l’offerta di Ubi per le tre good bank che piace alla Borsa

Victor Massiah ha costruito l’offerta di Ubi per le tre good bank che piace alla Borsa

Arezzo, 18 gennaio 2017 - Banca Etruria ora è davvero ad un passo da Bergamo. Da Bergamo e soprattutto da Ubi Banca, il colosso creditizio che ormai era chiaramente l'interlocutore unico per la cessione.

Da Banca d'Italia è arrivato l'ok atteso ormai da diverse ore. E la conferma è in un comunicato ufficiale.

"A conclusione della procedura di dismissione, condotta, secondo quando previsto dalla normativa, nel rispertto dei principi di apertura, trasparenza e non discriminazione, si rende noto che in data odierna il Direttorio della Banca d'Italia ha deliberato la stipula del contratto per la cessione a Unione di Banche Italiane (Ubi Banca) di Nuova Banca delle Marche, Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio e Nuova Cassa di Risparmio di Chieti.

Verrà immediatamente dato avvio alle procedure autorizzative richieste nei confronti delle altre autorità e istituzioni coinvolte, anche europee, e alla fase esecutiva, finalizzata al perfezionamento della cessione che si concluderà nei prossimi mesi."

E' una Banca Etruria fortemente dimagrita quella che arriva all'abbraccio con Ubi. Secondo i dati pubblicati stamani dal Sole 24 Ore, la raccolta che era nel 2013 di 7 miliardi e 64 mila euro è scesa nel 2016 a 4 miliardi e 153 milioni, con un calo del 41%. Gli impieghi invece sono più che dimezzati: 7,4 miliardi nel 2013, 3,5 nel 2016. In forte diminuzione anche i dipendenti, dai 1914 del 2013 ai 1732 del 2016. Quasi stabili solo le filiali: erano 186, sono 178.

Ora comunque è davvero tutto pronto per il passaggio di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti a Ubi Banca, 'istituto guidato da Victor Massiah. Nel giro di qualche giorno verrà firmato l'intesa preliminare (signing) e poi le carte verranno inviate a Bruxelles, a Francoforte e all'Antitrust per ottenere le diverse autorizzazioni. L'acquisto è subordinato a un aumento di capitale da 450 milioni per le tre good banks, che graverà sulle spalle del fondo di risoluzione, mentre Ubi Banca varerà una ricapitalizzazione da 400 milioni, in modo da mantenere, già dal 2017, un livello di Cet1 Fully Loaded superiore all'11%.

Ubi ha stimato che l'acquisizione le permetterà di incrementare di oltre l'1% la quota complessiva di mercato, sia in termini di impieghi a imprese e famiglie sia in termini di raccolta diretta, e di elevare l'utile al 2020 da 900 milioni a 1,2 miliardi di euro. Tra i vantaggi per Ubi, anche la possibilità di sfruttare 600 milioni di crediti fiscali e di coprire aree geografiche in cui non è presente. 

Sulle quattro banche (Banca Etruria, Carichieti, CariFerrara e Banca Marche), sottoposte a risoluzione a fine 2015, i fattori di "incertezza" sono quasi finiti. Così Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento della vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia,si era espresso ieri in giornata all'audizione in commissione Finanze del Senato sul decreto banche. "Gli sviluppi di questi giorni sul fronte della cessione delle quattro banche - aveva detto Barbagallo dopo aver citato il caso Mps - consentono di affermare che anche questo secondo importante fattore di incertezza stia oramai per essere eliminato".

Tecnicamente il sì deve arrivare dal Fondo Risoluzione, proprietario delle tre good bank e a sua volta di proprietà di Bankitalia, ma il sì del direttorio equivale al via libera. Intanto sempre da Barbagallo arriva la conferma delle cifre. «La definizione della vendita delle quattro banche» in risoluzione «rende necessario per il Fondo nazionale di risoluzione sostenere ulteriori oneri, il cui valore residuo ammonta a 1,5 miliardi». «Utilizzando le norme contenute nella legge di stabilità 2016 e nel Regolamento sul Meccanismo unico di risoluzione - ha detto - con l'approssimarsi della fine del 2016 la Banca d'Italia ha disposto il richiamo di due quote contributive, per un ammontare complessivo pari a 1,5 miliardi».

Barbagallo ha ricordato che il Fondo di risoluzione, costituito presso Bankitalia e «finanziato da contributi versati da tutto il sistema bancario italiano, detiene le partecipazioni totalitarie nelle quattro banche in risoluzione: Nuova Banca delle Marche, Nuova Cassa di risparmio di Ferrara, Nuova Cassa di risparmio di Chieti e Nuova Banca Popolare dell' Etruria e del Lazio, oltre che nella Rev, società costituita per acquisire i crediti in sofferenza trasferiti dalle banche in questione».

A questo passaggio dovrà seguire l’autorizzazione della Bce e pure in questo caso, visto che l’Europa ha seguito e indirizzato passo dopo passo la trattativa, non ci dovrebbero essere sorprese.

I tempi prevedono poi l’ormai famoso closing, ovvero il perfezionamento dell’acquisizione, che avverrà probabilmente ad aprile. Solo a quel punto inizierà la fase dell’integrazione vera e propria.

Modalità? Improbabile possa restare il marchio Banca Etruria, destinato ad ammainarsi dopo quasi un secolo e mezzo di esistenza. Tutto da capire sulla riorganizzazione del personale dipendente e delle filiali, nonché sulla sorte del grande centro direzionale. Questioni cruciali per l’economia aretina, già provata dalla crisi e dalle vicissitudini della sua banca di riferimento.