Addio vecchia Etruria: da ieri è solo Ubi Banca, conti trasmigrati nella notte

Qui la sede di una delle tre della Toscana: comanderà su una trentina di filiali. La Mutua Popolare Aretina era nata nel 1882: 135 anni di storia

Smontate le insegne Etruria

Smontate le insegne Etruria

Arezzo, 27 novembre 2017 - L’ultima traccia della vecchia banca Etruria si è dileguata nella notte, come l’abito da ballo di Cenerentola, prima della riapertura degli sportellidi stamani sotto la nuova insegna di Ubi Banca. Sì, adesso davvero Bpel non esiste più nemmeno di diritto, anche se di fatto il processo della fusione era arrivato a compimento da settimane.

Da ieri le 141 filiali riaprono a tutti gli effetti come sportelli di Ubi, da ieri 1452 dipendenti sono passati sotto l’egida del gigante popolare bergamasco-bresciano, da oggi 211.763 conti correnti e 108.228 depositi titoli trasmigrano nella contabilità dell’istituto guidato da Victor Massiah. Non c’è stato un ammainabandiera, come succede per uno stato che ceda la sua sovranità, perchè non è prassi del sistema bancario, ma il cambio di insegna di giovedì nella sede storica di via Crispi-Corso Italia ne ha fatto in un certo senso le veci: il segno di un’epoca che finisce e di un’altra che comincia.

Già, perchè lì nel palazzone d’epoca all’angolo della strada del passeggio si è consumata la storia della vecchia banca più ancora che nel vetrocemento del centro direzionale di via Calamandrei. Lì la vecchia Banca Mutua Popolare Aretina, nata nel 1882 in via della Fioraja, era diventata grande, lì nel 1972 era sorta la Popolare dell’Etruria, dopo la fusione con alcune popolari minori, lì la Bpe era diventata era diventata Bpel con l’incorporazione della Popolare dell’Alto Lazio, lì per una vita ha regnato il vecchio padre-padrone Elio Faralli.

Ed è stato lo stesso Faralli a volere il trasferimento in via Calamandrei dove poi, in meno di dieci anni, la parabola della vecchia Etruria ha volto decisamente verso il basso. Fino alle ispezioni di Banca d’Italia, fino alla ripetute svalutazioni per assorbire i deteriorati che ne hanno consumato il capitale, fino al commissariamento dell’11 febbraio 2015 e al decreto di risoluzione del 22 novembre dello stesso anno.

Era stata la morte della vecchia Etruria ma non della banca diventata Nuova Bpel e poi trasformata in Banca Tirrenica dopo l’acquisto di Ubi. Ora anche quel grumo minimo di sovranità si scioglie e il corpaccione ex Bpel confluisce definitivamente nel colosso di Massiah. Da ieri, anche se per qualche tempo l’Ad Silvano Manella farà avanti indietro, non c’è più la testa di una banca ma solo una direzione territoriale che dipende dalla macro-area di Roma, di dove Manella comanderà il suo territorio.

Ad Arezzo resta il ponte di comando su una trentina di filiali, un terzo di quelle della Toscana, il nucleo storico insieme agli altri due a Siena e da Firenze. La fine simbolica di un’epoca, appunto, che peraltro era già finita da un pezzo. Almeno da quando il governatore Ignazio Visco aveva emanato il suo diktat, il 3 dicembre 2013, al Cda di Bpel: dovete aggregarvi a un istituto di elevato standing, da soli non state più in piedi. Il resto sono state solo dolorose convulsioni.

Del resto, è successo a banche ben più storiche di Etruria: la Banca Commerciale, diventata un pezzo di Intesa con il San Paolo, il Credito Italiano, confluito in Unicredit con Banco di Roma. E’ la nuova dimensione del sistema creditizio, difficile far finta di niente. In via Calamandrei ci avevano provato, ma sono finiti come sono finiti. Ora in quella sede c’è un gruppo, Ubi, che compete con gli altri colossi del credito. E’ più di quanto in certi momenti si fosse sperato.