"Francesco non si è ucciso": parla la famiglia del ragazzo morto sotto al treno. "Tagliava dai binari per fare prima"

Continuano le indagini della Polfer. I familiari negano anche sia arrivato un ultimo sms alla mamma SU LA NAZIONE IN EDICOLA OGGI

Ancora morte sotto il treno: stavolta a San Giovanni

Ancora morte sotto il treno: stavolta a San Giovanni

Arezzo, 24 novembre 2014 - "Francesco non si è ucciso". Costanza, la zia di Francesco Mirabelli, esce allo scoperto a nome anche degli altri familiari. Non credono all'ipotesi del suicidio, che pure sembra prevalere nelle ricostruzioni dell'episodio. E difende con passione la sua linea, sia pur nel dolore di chin comunque piange la morte di un nipote. "Aveva avuto problemi, certo, ma aveva una grande voglia di vivere, non aveva alcuna voglia di morire". Ma perché allora era su quei binari? "Passava a volte da lì per guadagnare tempo e arrivare prima in centro: il padre spesso lo pregava di non farlo, perché era pericoloso. Probabilmente lui lo ha fatto ancora ed è caduto". Nega anche l'esistenza di quell'ultimo sms alla mamma ("Sto per fare uina sciocchezza"), dato finora praticamente per certo. "Il suo telefono è sequestrato dalla Polfer per le indagini ma a noi non risulta". Sarà comunque la Polfer a dire l'ultima parola. Intanto ieri è stata allestita la camera ardente nella chiesetat di Santa Lucia: all'arrivo c'è stato anche un applauso da parte degli amici, per esprimere l'ultima carezza. E oggi a San Lorenzo i funerali, che si prevedono molto affollati. Al funerale dovrebbe esserci anche una rappresentanza della Sangiovannese, squadra per la quale aveva militato un paio di anni fa nelle giovanili e con la soddisfazione di essere convocato per la preparazione con la prima squadra. Fili, fili di una storia le cui emozioni scorrono, dalla cappellina di Santa Lucia fino ai piccoli schermi di facebook: fili spezzati in quella notte ancora in parte da decifrare, lungo i binari della ferrovia.

Certo alcuni di quanti lo conoscevano sono in queste ore tormentate dai dubbi e dall'angoscia di averlo lasciato. Lo dicono alcuni amici, accalcati nelle camere mortuarie dell'ospedale. Ne è certo un educatore sangiovannese che aveva provato ad avvicinarlo per coinvolgerlo nelle attività dell’Oratorio, senza riuscirci.