Dal sorriso alla tragedia: oggi gratis con il giornale la quinta foto d'epoca

La partenza dei volontari per la Grande Guerra , l'entusiasmo inconsapevole di chi non sa cosa sta per succedere. Quarta foto: le operaie nel pelificio; La terza foto: il dirigibile sulla Beppe Epoque; La fine del secolo in città; La seconda foto: il campo militare; La terza carrellata di foto; Da Garibaldi al boom; La prima serie

La partenza dei volontari

La partenza dei volontari

Arezzo, 12 maggio 2016 - Ti colpiscono i cappelli di paglia degli uomini, i fazzolettoni a coprire i capelli delle donne, i ragazzi vicini ai genitori in un colpo d'occhio che è ancora più biciclette che auto. Ti colpisce il clima di inconsapevole euforia, la partenza del volontari per la Grande Guerra: un passo festoso nella tragedia, scandito da questa foto d'epoca che trovate oggi in regalo con La Nazione.

Non si attendevano certo quattro anni di guerra di trincea, di fango, di sangue, di sudore e di lacrime i volontari di questa foto (in regalo oggi con La Nazione) che ritrae la partenza dei volontari per il fronte, all’indomani dello scoppio delle ostilità, il 24 maggio 1915.

Le previsioni generali erano per una guerra breve, destinata a finire entro Natale, il generalissimo dell’esercito italiano, Luigi Cadorna, progettava lo sfondamento strategico verso Lubiana e Vienna, nè a disilludere lui e l’opinione pubblica erano bastati i lunghi mesi di carneficina sul fronte occidentale, quello francese.

Arezzo, come l’Italia intera, tuttavia, non era certo arrivata all’appuntamento in un clima di concordia nazionale e di entusiasmo generale. Tutt’altro, l’avvicinamento al conflitto era stato tormentato, caratterizzato dallo scontro tra neutralisti e interventisti, in un paese, e in una provincia, abbastanza scettici sui furori bellicisti.

Qui, lo scontro ideologico fra i fautori dell’intervento, chi riteneva meglio attendere in regime di neutralità e chi addirittura si opponeva per spirito pacifista, si era spostato nelle piazze dai primi mesi del 1915.

Nella foto 1, ad esempio, vediamo uno scorcio del Politeama in ristrutturazione dei primi anni ’20. E’ proprio nello storico cinema teatro che avviene il primo atto della politica di piazza, la gazzarra scatenata dai socialisti il 17 gennaio contro un comizio interventista.

Guerra 1

Un mese dopo, il 21 febbraio, lo scontro si sposta al Canto de’ Bacci della foto 2: i socialisti scendono da via Mazzini, gli interventisti arrivano da via Cavour dopo un’altra manifestazione. Il tumulto è inevitabile e clamoroso, con arresti e denunce.

Guerra 2

La dichiarazione di guerra impone a tutti la disciplina: uno dei centri dell’Arezzo mobilitata è la caserma del distretto militare, in via Garibaldi (foto 3), da dove passeranno generazioni di soldati aretini destinati alle trincee.

Guerra 3

Ma c’è anche quello che la retorica del tempo chiama il fronte interno, ossia la mobilitazione delle energie politiche e soprattutto economiche. La Sacfem (foto 4) diventa stabilimento ausiliario dello sforzo bellico e produce, insieme alle carrozze ferroviarie, gli aerei monoplano che vediamo nell’immagine e persino le munizioni.

Guerra 4

L’intera città ospita ospedali militari e pure prigionieri catturati al fronte. Nella foto 5 una rara immagine di sterro all’Anfiteatro del 1917. Nei lavori furono impiegati anche prigionieri austro-ungarici.

Guerra 5

La foto 6, invece, sembrerebbe mostrare il volto di un’Arezzo concorde sulla scalinata del Duomo. Invece, proprio la Chiesa e il suo Vescovo Giovanni Volpi, furono uno dei grandi terreni di scontro durante la guerra: al presule vennero mosse accuse di tiepidezza verso la guerra italiana e addirittura di simpatie filo-austriache. Sarà rimosso dal Vaticano a fine conflitto.

Guerra 6

Infine, un’immagine quasi inedita nella foto 7:

Guerra 7

un pilota aretino, Emilio Giorgeschi, sul suo aereo da combattimento nel settembre 1918, a poco più di un mese dalla vittoria. Un temerario sulle macchine volanti mentre tanti suoi concittadini continuavano a morire al fronte.

di Salvatore Mannino