I diari di Pieve: Giuseppe Lattes l'amore segreto di un ebreo per la sua sposa ariana

Costretti a sposarsi di nascoto nell'Italia delle leggi razziali e del rastrellamento del ghetto di Roma. Una lunga storia di amore, lavoro, famiglia e amicizia e di scelte da cui dipende la vita. La giornata dell'attore Neri Marcorè all'Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano

Giuseppe Lattes

Giuseppe Lattes

Arezzo 7 settembre 2017 - Continua il nostro viaggio alla scoperta degli otto diari finalisti del Premio Pieve che si terrà a Pieve Santo Stefano dal 14 al 17 settembre. Qui la storia di Giuseppe Lattes "Le scelte di un ebreo. Memoria 1935-1945"

UN AMORE proibito, quello tra un ebreo e una «ariana» nell’Italia delle leggi razziali, le nozze clandestine, la guerra, la fuga nelle campagne dopo l’8 settembre poi l’arrivo a Roma dove per un pelo eviteranno il rastrellamento nel ghetto. Sono «Le scelte di un ebreo» le memoria del torinese Giuseppe Lattes dal 1936 al 1945, nato a Torino nel 1913 morto nel 1999. Il racconto di una vita tra lavoro, famiglia, amicizie, casa. E una lunga strada da percorrere in cui i bivi che si incontrano sono tanti. Scelte, scelte da cui dipende la sopravvivenza, ma anche la felicità di un uomo o semplicemente il desiderio di una vita normale. Come innamorarsi di una ragazza e volerla sposare alla luce del sole. Ma per Giuseppe Lattes non sarà così. Lui è dirigente d’azienda ebreo torinese, nel 1936, ventitreenne, durante una vacanza al Monte Bianco si innamora a prima vista di una ragazza: «Era bruna, snella, molto bella, disinvolta e non si dimostrava affatto impacciata a rispondere alle domande di uno sconosciuto, come ero io per lei; seppi cosi che era romana, diciannovenne, studentessa di terza liceo, e che era ad Entrè con una zia, sorella di sua mamma, la quale risiedeva a Torino e stava facendo un viaggio turistico in automobile con uno dei suoi figli, oltre che con la nipotina romana. Il suo nome? Jolanda ma, in famiglia, Dada, da me tramutato subito in Dadà». L’inizio di una storia, come ogni coppia normale. «MA NEL 1937 la campagna antiebraica del regime e della stampa fascista cominciò ad essere più concreta ed intensa, ed io cominciai a dubitare del mio diritto di coinvolgere in qualche modo Dadà nel mio destino. Molti temevano che il governo italiano avrebbe subito il nefasto influsso dell’alleanza con i nazionalsocialisti tedeschi. Io ero tra quelli e, nel corso degli anni 1937-1938, pur incontrandomi abbastanza frequentemente con Dadà pur nutrendo per lei sentimenti sempre più intensi di simpatia e di amore, tentai più volte di troncare il nostro rapporto, imponendole più volte una separazione da entrambi sofferta» scrive Giuseppe. L’AMORE è la scelta che prevale. Inizia la convivenza, poi il matrimonio clandestino e la nascita della figlia. Le leggi razziali impediscono l’unione tra ariani e non ariani. L’Italia entra in guerra, il calzificio in cui lavora Giuseppe viene bombardato, nasce il secondogenito, dopo l’8 settembre 1943 i tedeschi occupano il territorio. La scelta giusta, questa volta, sembra essere quella di sfollare. Prima nelle campagne piemontesi, poi a causa della delazione di uno squadrista di Ala di Stura secondo il quale l’ebreo Lattes Giuseppe prendeva parte a riunioni di antifascisti per l’organizzazione di bande armate, la salvezza sembra essere Roma. La famiglia di Dadà li accoglie appena dopo il rastrellamento del ghetto, il 16 settembre 1943, il sabato nero. Di scelta in scelta i Lattes riescono a sopravvivere fino alla liberazione, a rientrare a Torino, a ricominciare una vita «normale», libera, senza condizionamenti, con la guerra ormai alle spalle. Giuseppe morirà nel 1999 a 86 anni

COSI' SCRIVE GIUSEPPE LATTES NELLE SUE MEMORIE

Il 18 Novembre 1939, alle 6,30 del mattino, testimoni il papà ed il fratello di Dadà, fummo uniti in matrimonio. Nessuna altra persona fu presente alla cerimonia, nessun festeggiamento ebbe luogo: il matrimonio dovette essere, e fu, del tutto segreto per evitare rappresaglie ed odiose ripercussioni da parte di organi statali e soprattutto di gerarchie fasciste. Restò sempre in noi vivissimo il rammarico per avere celebrata la nostra unione clandestinamente, come dei malfattori. Per lo stato italiano, noi rimanemmo ancora, per anni, rispettivamente nubile e celibe, ed il nostro rapporto di coabitazione fu definito “concubinato“. Lo stato italiano prese atto del nostro matrimonio solo qualche tempo dopo la liberazione di Roma, quando io dissotterrai i documenti rilasciatici dal parroco, che erano stati dalla nonna Elisa sotterrati - protetti da una scatola di latta - nella cantina della abitazione di una sua amica nel novembre 1943.

L'INTERVENTO DELL'ATTORE  NERI MARCORE'

HO CONOSCIUTO l’Archivio dei diari e il suo Piccolo museo pochi mesi fa. È stata una scoperta notevolissima, un luogo, l’ho pensato subito, dove portare in visita i propri figli. L’effetto che può provocare in un adulto la scoperta dei diari, e delle storie di vita di chi li ha scritti, è certamente diverso da quello che può suscitare in un adolescente. Il primo vivrà un’esperienza profondamente consapevole, il secondo riceverà forse una suggestione. Ma è già molto. Che un ragazzo possa restare incuriosito anche da un solo “messaggio”, tra i tantissimi custoditi dall’Archivio, ha un valore assoluto. Un messaggio che possa innescare un percorso, che possa scavare in una coscienza giovane, seminare la curiosità di capire com’era la vita nel passato. Magari ai tempi della resistenza, o nelle trincee della prima guerra mondiale, o in altri periodi di pace. Ecco, quando si va a Pieve Santo Stefano bisogna pensare che non occorre portarsi a casa tutto, basta un piccolo seme che germoglia. Io sono stato molto fortunato perché ho avuto un’infanzia felice, ho vissuto da figlio unico in una casa con i genitori e i nonni paterni, e con i nonni materni molto vicini. Oggi sappiamo di avere tutto il necessario e anche parecchio di superfluo,  possiamo raggiungere rapidamente qualsiasi luogo del pianeta, attraverso lo schermo di un telefonino o di un computer comunicare con chiunque e sapere che succede dall’altra parte del mondo. Eppure molti di noi, almeno quelli da una certa età in su, quelli che sono stati anche analogici, provano nostalgia al pensiero delle sere trascorse davanti al camino, quelle nelle quali i nonni ci raccontavano le storie. L’Archivio dei diari ci aiuta a recuperare, almeno in parte, quella dimensione. *attore e conduttore televisivo