I diari del Premio Pieve: Antonio Cocco in Vietnam per un votaccio

Dai banchi di ragioneria alla fuga in Francia dove si arruola nella Legione Straniera. Una scelta senza ritorno, morirà nella Ridotta Isabelle

antonio cocco

antonio cocco

Arezzo 5 settembre 2017 - Iniziamo oggi la pubblicazione degli otto diari finalisti del Premio Pieve. I volti, le storie, gli estratti dei diari degli "italiani qualunque" che ogni anno concorrono al Premio dei diari che si terrà  dal 14 al 17 settembre a Pieve Santo Stefano. E in ogni pagina il contributo di un personaggio famoso della cultura o dello spettacolo che racconta  la sua esperienza con l'Archivio dei diari.Qui la storia di Antonio Cocco.

DUE ANNI in Vietnam e nemmeno ci voleva andare. Costretto da un ricatto: o la Legione Straniera o la galera. Sì perché Antonio Cocco in Francia era fuggito per ribellione per qui brutti voti a scuola che minacciavano la bocciatura. Una fuga da clandestino dopo un viaggio massacrante. E poi la scelta, obbligata, che ne segnerà il destino. Antonio, classe 1933, nato a Padova ma cresciuto a Venezia, morirà nel 1954 poco più che ventenne difendendo la Ridotta Isabelle a Dien Bien Puh, in Vietnam, combattendo sotto la bandiera della Legione Straniera francese la guerra d’Indocina, per una causa che non gli appartiene. Ma la sua storia è raccontata in 165 lettere spedite alla famiglia in due anni, dal 1952 al 1954. Il 24 maggio 1952 Antonio va ancora a scuola, terzo anno di ragioneria. Un’interrogazione andata male, la minaccia di una bocciatura, un gesto di ribellione punito con il rinvio a ottobre in tutte le materie. E una scelta impulsiva, enorme. Scappare in Francia in compagnia di un amico. Sidi-Bel- Abbes 18-6- 1952 «CARO PAPÀ non so nemmeno come cominciare questa lettera e se avrò il coraggio di spedirla perché mi sento tremendamente vigliacco. Avrei voluto scriverti sin dal primo che entrai in Francia clandestinamente ma non potei se non al porto di Marsiglia e di nascosto. In mezzo, l’arresto. La prima cittadina in cui ho alloggiato con i ferri ai polsi, in Francia è Modane. Non ti dico quel che ho dovuto subire per passare il confine clandestinamente. 28 ore di marcia, tra cui 6 in un nevaio di notte con le scarpe da ballo e vestitino estivo, braccati dalla finanza che ci sparava dietro e con la fifa dei lupi. Da Modane ci hanno sbattuti a Chambery, poi a Lione. E la minaccia. Appena fui preso il tenente mi disse queste testuali parole: “Hai due vie... o ti iscrivi alla Legione Straniera e rimani in Francia o ti rimpatriamo e ti dovrai fare 2 o 3 mesi di prigione” fece una bella pausa significativa e aggiunse “E credi poi che tuo padre ti riaccetterà a casa?” Comprendi bene che dinnanzi a questo non avevo molto da scegliere e accettai la Legione». L’ADDESTRAMENTO feroce, le punizioni e le violenze faranno rimpiangere ad Antonio, ogni giorno, la scelta compiuta. Ma tornare indietro è impossibile, c’è un contratto firmato con il governo francese che ha una guerra in corso, e non vuole saperne di congedare carne da cannone. Il padre non può stare a guardare, smuove consoli, ambasciatori, autorità politiche italiane e francesi, religiosi, militari, avvocati. Un tentativo di fuga via mare viene scoperto e impedito. Niente da fare. Antonio va in prima linea nell’ottobre del 1952. «Carissimi, domani parto per l’Indocina e sono in tale stato che non so cosa scrivere. Non so scrivere altro se non quello di ringraziarvi tutti col cuore per quello che avete fato per me, specialmente babbo e mamma. Se non sono tornato a casa, vuol dire che era proprio destino fissato che dovessi partire. Vi ringrazio ancora con tutto il cuore e vi chiedo ancora perdono».

COSI' SCRIVE ANTONIO COCCO

"Carissimo papà. Ultime notizie… e posso dirti che non sono troppo belle. Continuano a piovere colpi di mortai 81 e cannone 75 e 105 da tutte le parti del nostro posto, tutta la notte in allerta, in vari punti i Viet hanno cercato di far saltare il filo spinato. Naturalmente i feriti sono molti e pure i morti cominciano ad aumentare. Il morale mio nonostante tutto è alto. Certo che si aspetta anche noi l’attacco la loro tattica è di far più feriti e morti possibile, far saltare il filo spinato e poi dare l’attacco… allora si darà dentro te l’assicuro e farà molto caldo. Sai che vuol dire oltre 400 mortai 81 ed un centinaio di cannoni… bazzecole se cominciano a tirare assieme non si resta nemmeno uno. Il bello è poi che loro sono tra la boscaglia, ben nascosti e noi siamo nella valle a fare da bersaglio. Ma me la caverò anche questa volta ne sono certo pur ammettendo che se Dio non avrà misericordia di noi, sarà un vero massacro. T’abbraccio con affetto. Toni"

L'INTERVENTO DEL DIRETTORE DI RAI RADIO 3 MARIO SINIBALDI: "C'è la storia in quelle vite"

"HO CONOSCIUTO l’Archivio dei diari molti anni fa, seguendo l’attività del suo fondatore Saverio Tutino, e da direttore di Rai Radio3 ho compreso subito l’importanza di seguirne da vicino le iniziative, a cominciare dal Premio Pieve. L’Archivio rappresenta un punto di incontro per chi crede, come me, nel valore della storia orale e nella decostruzione delle “grandi narrazioni”. Ormai da molto tempo, e soprattutto dopo il crollo delle ideologie, il racconto della storia “ufficiale” è stato affiancato, e in parte sostituito, dal racconto delle storie di vita delle persone comuni. In verità l’ideale, per chi vuole avere una visione più completa possibile della vicenda umana, è l’intersecarsi di questi due momenti. Ne è un esempio la testimonianza di Margherita Ianelli, una delle molte custodite a Pieve Santo Stefano, nella quale c’è una visione del tutto soggettiva di eventi storici importanti, come l’eccidio di Monte Sole avvenuto durante la Seconda guerra mondiale. Visione soggettiva e per certi aspetti discutibile, ma è proprio l’intreccio tra la ricostruzione storiografica e la testimonianza diretta a rappresentare un valore aggiunto per chi si documenta. Un altro caso molto noto è quello dell’autobiografia di Vincenzo Rabito, scoperta dall’Archivio e pubblicata da Einaudi. Sarebbe persino comico pensare di raccontare il Novecento italiano soltanto attraverso le parole del cantoniere ragusano, però se alla narrazione storica, insostituibile, si somma il valore umano e la lettura “dal basso” della vita che suggerisce Rabito, il quadro che si compone di fronte agli occhi dello studioso sarà molto più completo e veritiero".