Da baby-partigiano a maestro di cultura: Fatucchi, una vita per la città

Così il nostro Claudio Santori solo pochi giorni fa raccontava la vita, di studio ma anche avventurosa, del professore appena scomparso

Una foto d'epoca di Alberto Fatucchi

Una foto d'epoca di Alberto Fatucchi

Arezzo, 22 agosto 2017 - Il 4 aprile del 1945 fra i primissimi ad entrare in Bologna liberata c’era, mitra alla mano, un ventenne aretino, volontario nel IX Reparto d’Assalto e studente di lettere a Firenze, che si sarebbe di lì a poco laureato sotto la guida di Bruno Migliorini con una tesi su «L’onomastica aretina nella seconda metà del secolo XIV» . Croce di Guerra al merito, deciso antifascista e cattolico osservante, ma per niente dogmatico (fu fra i primi a mettere in discussione il martirio di S. Donato) amerà definirsi irriducibile «Arimanno»: l’educazione salesiana gli aveva impresso il senso del dovere e della concretezza e il rispetto per la verità.

Nel libro autobiografico del 2008, «Miseria e onore» , descrive con dovizia di particolari inediti i due anni trascorsi alla macchia da «ardito», riconducendo alla verità vicende che sono state alterate da faziosità, autocentrismo in buona fede da una parte e precise strategie propagandistiche da altre parti: «A diciannove anni - esordisce - sono stato una minuscola pedina della fase finale del periodo più tragico del XX secolo: la guerra che ha coinvolto la maggior parte degli stesi del mondo».

Parliamo di Alberto Fatucchi, l’umanista anomalo che ha formato col suo lungo insegnamento al Liceo Scientifico «Redi» centinaia di professionisti delle più diverse discipline e ha dato alla sua città, con una più che sessantennale attività di studio e di ricerca, anche come storico presidente dell’Accademia Petrarca, un formidabile corpus (190 fra saggi, volumi e articoli brevi) a carattere storico con prevalente ottica topografica sull’organizzazione del territorio, soprattutto per l’età romana e l’alto medioevo.

Ha indagato prevalentemente nell’area della Toscana orientale, Emilia-Romagna, Marche e Umbria fornendo tuttavia i contributi più specifici sulla «forma urbis» di Arretium, sulla centuriazione dei territori di Arezzo e città limitrofe (l’ha individuata per primo in Valdichiana e nel Valdarno aretino), sulla viabilità dall’età romana al secolo XIII, sul formarsi dell’organizzazione territoriale ecclesiastica.

E certamente il suo contributo più originale è il filone a vasto raggio geografico, da lui privilegiato in diecine di saggi, che attesta la sorprendente continuità di alcuni culti dalla remota preistoria all’età cristiana moderna. Tutti i suoi lavori sono caratterizzati dall’innovativa chiave di lettura topografica, dall’opera maggiore, il corpus della scultura altomedievale nella Diocesi di Arezzo (edito dal Centro di Studi Altomedievali di Spoleto) , all’ultimo lavoro, documentatissimo, su Sant’Ansano col quale ha festeggiato il 92° compleanno donando all’Archivio di Stato le oltre 4000 schede del suo archivio personale e alla Biblioteca tutti i suoi libri, molti dei quali estremamente rari e di inestimabile valore.

Mario Salmi ha riconosciuto che prima del lavoro di Fatucchi, della scultura altomedievale aretina si conosceva poco o nulla: si tratta infatti di un ponderoso volume che descrive minuziosamente 199 reperti, molti dei quali da lui stesso rinvenuti, tutti pubblicati in 132 tavole di splendide foto, quasi tutte inedite! La chiave di lettura toponomastica gli ha permesso la clamorosa dimostrazione dell’autenticità del patrono di Siena, Sant’Ansano, attraverso la documentata grafia Amsano riconducibile ad Amisanus, ossia proveniente da Amìsus, città sulla costa turca del Mar Nero, oggi Samsun. Insomma il culto della verità e l’esercizio della linguistica, appresa alle fonti di Giacomo Devoto e di Bruno Migliorini, gli ha fatto compiere una singolare operazione di par condicio: attestare un martire in meno e un santo in più!

Oggi la Brigata degli Amici dei Monumenti, della quale è stato per decenni infaticabile sostenitore ed animatore - sia come consigliere che come presidente e, da molti anni a questa parte, come Presidente Onorario - gli ha dedicato «Centodieci», il volume celebrativo appunto dei 110 anni di vita del sodalizio. È un volume concepito come un insieme di saggi, un’opera corale che ospita una trentina dei più riputati studiosi -aretini e non- di arte, ambiente, urbanistica e paesaggio.

Tutti riconoscenti al magistero del Nostro e tutti impegnati sui fronti che gli furono cari: in apertura Antonio Batinti dell’ Università di Perugia si riallaccia al filone della toponomastica soffermandosi naturalmente anche sull’etimologia del cognome Fatucchi. Il corposo volume (250 pagine con un ricco corredo di tavole a colori, nel testo e fuori testo), pubblicato da Letizia Editore, è già nelle librerie e sarà presentato ufficialmente nella Sala Rosa del Comune di Arezzo alle 11 del 9 settembre prossimo. Purtroppo non ci sarà lui a ricevere il giusto riconoscimento del suo lavoro.