Carte Vasari, rabbia degli eredi: "Noi gli unici a valorizzarle". Il 9 agosto al ministero

Incontro in vista. I Festari all’attacco: «Tante falsità per aprire il procedimento di esproprio: le sentenze hanno riconosciuto la nostra proprietà»

I fratelli Festari

I fratelli Festari

Arezzo, 30 luglio 2017 - La storia infinita: parte dal lontano 1983 ed è tutt’ora in corso. In mezzo  loro, i fratelli Festari, gli eredi e dunque i proprietari dell’archivio Vasari, le carte del grande aretino conservate nel museo di via XX Settembre. La controparte è lo Stato che per ora ha perso i numerosi tentativi giudiziari intentati per il possesso.

L’ultimo colpo di cannone è stato esploso da Gino Famiglietti, direttore generale degli Archivi, che ha avviato un procedimento di esproprio delle carte. Il motivo lo si ricava dalla lettura del documento in cui in sostanza si accusano i Festari (Francesco, Leonardo, Antonio e Tommaso) di aver frapposto ostacoli alle «attività volte a garantire la protezione, la conservazione e la valorizzazione di quel patrimonio documentario al fine di assicurarne la pubblica fruizione».

I fratelli, insieme al loro avvocato Guido Cosulich, escono oggi allo scoperto per opporsi al procedimento di sfratto. «Siamo di fronte - dicono - all’ennesima dichiarazione di guerra, tutto ci potrà essere detto meno che non collaboriamo alla valorizzazione delle carte». «Da anni ci prodighiamo nel trovare contatti volti a valorizzare l’opera d’arte». Intanto c’è già una data: «Abbiamo contattato il ministero fissando un incontro che avverrà il 9 agosto, sperando nella presenza del ministro Franceschini».

Obiettivo? «Trovare un accordo che eviti ulteriori anni di battaglie legali e che sia soddisfacente per tutti, nel rispetto di leggi e di sentenze». MA è l'accusa di scarso impegno nella valorizzazione del bene che più indigna i Festari. «Il procedimento di esproprio -è fondato su falsità, sono numerosi gli esempi concreti e documentabili da parte nostra per la tutela, la divulgazione e la promozione dei manoscritti. Tra l’altro all’archivio mancano tre filze, se ne sono 31 mentro noi siamo proprietari di 34. Le tre filze sono all’università di Yale, lì arrivate non sappiamo per quali strade dopo un furto del 1980 nella villa di nostra zia: lo stato mai ha fatto nulla per recuperarle e adesso abbiamo avviato un’azione legale per la restituzione».

RESPINTA al mittente anche l’accusa del rifiuto a trovare un accordo. Si ricorda pure l’esposizione per tre mesi delle carte, nel maggio 2016, a palazzo Medici Riccardi a Firenze «da noi finanziata in toto per oltre 300 mila euro», nonché la mostra a Casa Vasari del 2011 e a la disponibilità «a esporre senza compenso e a nostre spese le lettere di Michelangelo nel salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio in occasione del G7 della cultura».