Arezzo, 26 maggio 2013 - QUEL DIAVOLACCIO di Giorgio Vasari tutto si sarebbe immaginato probabilmente meno che di diventare cinque secoli dopo il soggetto di un best-seller mondiale, scritto da un americano di quel continente che all’epoca del sommo biografo dei Grandi del Rinascimento era una modestissima appendice geografica. Certo, conoscendo la passione per il successo dell’artista e cortigiano, non gli sarebbe dispiaciuto. Ci ha pensato il solito Dan Brown ad accontentarlo, inserendo lui e il suo grande affresco della Battaglia di Scannagallo in Palazzo Vecchio come una delle chiavi del thriller storico-esoterico che proprio in questi giorni impazza nelle librerie.

Insomma, a farla corta, c’è anche un po’ di Arezzo in «Inferno», ultima fatica dello scrittore che ormai da anni è al botteghino il campione dei campioni, quello che non fallisce mai un colpo, dal «Codice da Vinci» fino ad «Angeli e demoni». C’è per Vasari e c’è per Scannagallo, battaglia come è noto combattuta nella piana omonima, fra Foiano e Pozzo, il 2 agosto 1554. Suggellando, con la vittoria della coalizione medicea, il declino della potenza di Siena, ultima città toscana a finire inglobata (nel 1559) all’interno del Granducato.

A ricordare lo scontro c’è ancora, a Pozzo, il tempietto rinascimentale di Santa Vittoria, eretto su progetto indovinate di chi? Sì, proprio lui, ancora il nostro Vasari, anche se per secoli si è creduto che l’architetto fosse Bartolomeo Ammannati.

BENE, DIRÀ qualcuno, ma cosa c’entra la battaglia di Scannagallo con le avventure del solito Robert Langdon, lo scienziato alla Indiana Jones protagonista dei romanzi di Dan Brown? La domanda andrebbe posta direttamente all’autore, a noi, che non siamo addentro alle sue segrete cose (è proprio il caso di dirlo, in un romanzo di ambientazione dantesca) non resta che registrare la trama. La quale comincia con un Robert Langdon che si risveglia immemore in un ospedale fiorentino. Capire come ci sia finito e risolvere l’enigma che gli sta davanti, che corre sul filo della Divina Commedia, è appunto la traccia di «Inferno».

Per rivelare solo l’essenziale, diremo che Langdon, aiutato da una dottoressa inglese, finisce appunto, in un’alba livida, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, davanti al grande affresco vasariano della «Battaglia di Marciano», come è anche nota Scannagallo. Il dipinto dietro il quale si nasconderebbe (le ricerche sono ancora in corso) un affresco mitico come la «Battaglia di Anghiari» di Leonardo, altra rappresentazione di uno scontro militare nell’aretino perduto da secoli.

«Cercate e troverete», c’è scritto nel dipinto di Vasari. Di solito lo si è interpretato come un indizio che dietro l’affresco ci sia appunto quello leonardesco. Dan Brown invece ne fa l’iscrizione che introduce Langdon nei segreti della Divina Commedia, un un volume che poi si sviluppa per altre centinaia di pagine.

COSA SAPPIANO di Scannagallo nell’America profonda dei lettori di Brown è un dubbio ragionevole. Eppure, a patto di saperlo sfruttare, anche questo riferimento storico di un best-seller può diventare un’occasione di promozione di Arezzo e dintorni. Perchè esiste, come è ben noto, un turismo di massa legato ai luoghi dello scrittore più venduto del mondo e del suo Langdon. Dire che la battaglia ci fu davvero e fu combattuta qui può essere una calamita. Come i libri di Frances Mayes (a Cortona hanno saputo sfruttarli) o «La vita è bella» di Benigni». A patto che come il film da Oscar non diventi un’altra occasione perduta.

Salvatore Mannino