C'è quel dipinto di De Carolis, il “ritratto di uomini illustri aretini” che mette una certa soggezione, anzi direi che ne mette parecchia e allo stesso tempo stimola l’orgoglio di avere a che fare con una terra piena di gente pazzesca, testimoni di quel “senso dell’impresa” che sarebbe riduttivo pensare solo applicato alla parte industriale della faccenda.

L’impresa va intesa ad ampio respiro, dallo sport al pensiero, dalla politica all’arte, dall’industria all’innovazione, dalla ricerca al commercio, dal metter su famiglia al suo contrario, insomma si può vivere con un certo “senso dell’impresa” ogni cosa, anche l’amore, che forse è l’impresa più grande. Sono io l’Aretino dell’anno? Ma siete sicuri? Siete proprio sicuri? ...Grazie!

Ricevere questo premio mi fa piacere e allo stesso tempo mi fa arrossire di un po’ di imbarazzo perché io se è vero, come è vero, che sono di queste parti però mi sono sempre sentito un cittadino del mondo. Sono nato a Roma, colleziono timbri strani sul passaporto,abito a Cortona e ci sto benissimo, sono legato al territorio tanto quanto sono legato all’idea di non legarmi mai a niente, di materiale, nemmeno a un pezzo di terra.

Tra tutte le emozioni che mi riempiono il cuore, ci tengo a dirlo, c’è anche l’orgoglio, di appartenere a un pezzo di Italia e di mondo, la provincia di Arezzo, molto bello e pieno di bella gente e di grandi storie. Sono un ciclista dilettante e appassionato e spesso mi inoltro in queste nostre terre e si rinnova il mio amore e il mio stupore. Quando faccio la salita verso Caprese Michelangelo e poi verso La Verna, oppure quando pedalo verso il Trasimeno lungo la valle del Niccone e mi fermo in un piccolo bar a rifornirmi, o quando salgo verso la Rassinata e su in cima mi aspetta una sorgente sempre fresca anche in pieno agosto. Non farò qui l’elenco delle cose belle che ci sono, che lo sapete meglio di me, e quello delle cose brutte lo faremo magari un’altra volta, farò l’elenco dei miei stati d’animo nel ricevere questo riconoscimento. E’ un elenco breve: felicità, gratitudine, orgoglio, desiderio di meritarmelo.

Voglio solo ringraziare chi ha pensato a me per questo premio che dedico ai miei genitori, che mi hanno fatto cortonese a Roma e romano a Cortona, ovvero mi hanno dato quel senso di leggero sradicamento che mi ha permesso di sentire di appartenere ai luoghi senza che questo si trasformasse mai in campanilismo, in quell’ottusa visione del mondo che ti fa credere che il luogo dove sei nato sia meglio di altri.

Sono le persone che fanno la differenza, è sempre così, gli individui con la loro visione e la loro storia. La cosa grande delle nostre città e anche delle nostre campagne è facile da ricordare, si tratta dell’elemento umano, la dimensione umana di tutte le cose, e questo è il dono più prezioso che ho ricevuto dall’essere cresciuto qui, l’aver imparato che sono sempre le persone con le loro scelte a dare forma alle cose, ai destini,ai paesaggi, ai progressi. Vicino alla mia casa c’è la casa dove nacque Pietro Berrettini, il grande pittore architetto.

Quando ero bambino a Roma mi imbattevo spesso in architetture bellissime e in quegli affreschi ricchissimi e vivi che lui realizzò nella capitale. Ogni volta pensavo che questo grande artista Pietro era nato nel paese dei miei genitori e questa cosa mi dava da riflettere. Mi sfidava, in un certo modo, mi diceva che ci sono un sacco di cose che si possono fare, se si è disposti a muoversi e a impegnarsi per seguire i propri sogni. Io mi considero un cortonese errante, nel senso dell’errare e dell’errore, e per entrambe questi motivi accetto il vostro premio con l’impegno di continuare ad errare, sempre partendo da qui e tornando qui. Questa terra non mi appartiene, sono io ad appartenere a lei. Grazie!