Se gli slogan politici non sono solo bolle di sapone, la provincia e il comune di Arezzo e le altre istituzioni dovrebbero sentire la necessità di investire nella cultura. Cultura è di per sé parola tanto reverenziale quanto vaga, per cui diciamo subito che per cultura intendiamo, qui e innanzi tutto, quelle strutture che possono fornire uno stimolo e un metodo alla conoscenza. E prima di ogni altra viene naturalmente l’università, in nome della sua stabile, versatile continuità. In questo ambito Arezzo ha la fortuna di avere una struttura sedimentata da più di quaranta anni. Gran parte della classe docente nei vari ordini scolastici in provincia di Arezzo si è formata nel “vecchio” Magistero e poi nella Facoltà di Lettere. Il grado di eccellenza didattica di cui ha dato prova ha richiamato negli anni studenti anche da altre regioni.
 

Da poco si sono aperte le iscrizioni ai corsi universitari di Lettere, di Lingue straniere e di Scienza della formazione. Un segno di interesse verso questa realtà universitaria, in un momento tanto delicato, quanto essenziale per la vita culturale di un vasto territorio, sarebbe di grande importanza. Come è noto l’Ateneo senese ha chiuso i due corsi di economia e di ingegneria che avevano sede alla Cadorna.


Una contropartita era stata individuata nel potenziamento del corso di lingue straniere con l’innesto di discipline economiche e giuridiche. Sarebbe essenziale per tutti ripartire dall’arricchimento di questo corso, un corso vitale per il mondo imprenditoriale aretino e allo stesso tempo professionalizzante per gli studenti. Il che dovrebbe valere da promemoria per gli stessi docenti.


Il “campus” del Pionta, su cui tanto hanno investito le istituzioni aretine e senesi, è un’isola verde tangente alla città, un’isola fornita di strutture eccellenti come la sua biblioteca. Dovremmo quindi renderci conto di quanto la sede universitaria aretina abbia contribuito a sprovincializzare un territorio che ha sempre dato segni contraddittori di apertura e di diffidente chiusura verso l’esterno.
Una cosa è certa, la disponibilità dei giovani ad aprirsi a nuove realtà culturali è quanto mai palese e vivace. L’università è la porta che può immettere le nuove leve in un contesto internazionale e quanto meno favorire in loro lo sviluppo di una mentalità aperta al mondo.


Tuttavia una sede universitaria, per di più distaccata dalla sede centrale, deve avere il supporto delle istituzioni del territorio in cui agisce e per il quale, non dimentichiamolo, opera. Una struttura del genere e quindi i suoi docenti, il personale tecnico e gli studenti non possono essere lasciati soli a presidiare questo “avamposto del progresso”, essi devono sentire che oltre la ferrovia c’è pur sempre chi ne è consapevole.