Violenza sessuale, medico condannato: toccò il seno a una paziente

In pimo grado si era incatenato per protesta davanti al tribunale dopo la sentenza: ora la conferma

Un'aula di tribunale

Un'aula di tribunale

Arezzo, 23 settembre 2017 - Aveva passato un giorno intero abbarbicato alla scalinata di Palazzo di giustizia, con la testa incassata fra le braccia e le gambe, urlando imprecazioni contro giudici, avvocati e chiunque si avvicinasse al portone dingresso del Garbasso. Il tutto per protesta contro la condanna a un anno e 8 mesi che a lui, Cheaito Assan, medico libanese cinquantenne, aveva inflitto nel novembre 2014 il collegio del tribunale presieduto daMarco Cecchi.

Si professava innocente rispetto all’accusa di violenza sessuale nei confronti di una paziente al pronto soccorso del San Donato ma anche la Corte d’Appello di Firenze non ha creduto alla sua versione. Ieri mattina, infatti, la corte (la parte civile era rappresentata dall’avvocato Nicola Detti) ha solo parzialmente ritoccato il verdetto di primo grado condannando il medico a un anno e mezzo.

E’ unan storia particolare quella del professionista, attualmente in servizio in una Usl delle Marche. L’azienda sanitaria aretina lo aveva già allontanato dal servizio (pronto soccorso e 118) in due occasioni. Una prima volta, nell’agosto 2009, perchè aveva bestemmiato e sputato contro la statua di Santa Margherita all’ingresso dell’ospedale della Fratta. Poi, nel 2011, il mancato rientro da un permesso in Libano gli era costato la definitiva sospensione della convenzione. La condanna del 2014 sostanzialmente confermata in appello, gli era arrivata per un episodio del febbraio 2008 e dai contorni sfumati perchè la vittima aveva presentato querela per violenza sessuale.

A denunciare i fatti fu il responsabile del pronto soccorso, innescando il procedimento d’ufficio della procura. Di mattina il medico era di turno quando arrivò una paziente con una colica renale. Rimasto solo Assan avrebbe allungato la mano sul seno della donna, cinquantenne, sdraiata sul lettino delle visite. Lei si fogò poco più tardi con l’infermiera che andò subito a raccontare tutto dal direttore. E’ da qui che prende il via il procedimento sfociato sei anni dopo, nel 2014, nella condanna durante un processo nel quale fu lo stesso medico a scavarsi la fossa.

I contorni poco chiari avevano infatti portato il difensore Stefano Arrighi a un passo dalla sentenza di assoluzione per insufficienza di prove. Ma il focoso libanese irruppe in aula pretendendo di fare una dichiarazione prima che i giudici si ritirassero. E con le sue parole confermò di aver toccato la donna, sia pure involontariamente. Poi, dopo la condanna, inscenò il sit in di protesta.

di Salvatore Mannino e Sergio Rossi