Veneto Banca voleva entrare in Bpel? Consoli, invito a Boschi: "Fammi parlare con Renzi"

Il contatto emerge dalle intercettazioni telefoniche dell'ex direttore generale dell'istituto del nord. «Parla con lui, sta in presa diretta con Matteo»

Pier Luigi Boschi, ex vice presidente di Banca Etruria

Pier Luigi Boschi, ex vice presidente di Banca Etruria

Arezzo, 24 aprle 2017 - Cercò un contatto con l’allora presidente del consiglio Matteo Renzi rivolgendosi a Pierluigi Boschi, al tempo vicepresidente di Banca Etruria ma soprattutto padre del ministro Maria Elena. Lui era Vincenzo Consoli, direttore generale di Veneto Banca, un altro degli istituti di credito sprofondati nel crac, e voleva probabilmente aggiustare la riforma delle popolari alle proprie esigenze.

Giungendo fino a far balenare all’interlocutore la possibilità di un intervento delle due banche venete (l’altra era Popolare Vicenza) in una Bpel che stava ormai esalando gli ultimi respiri prima del commissariamento, giunto poi a distanza di una settimana, l’11 febbraio 2015. Il retroscena, raccontato in anteprima dal Corriere del Veneto, edizione locale del Corsera, emerge dalle intercettazioni telefoniche sulle utenze dello stesso Consoli, in quel momento già indagato per aggiottaggio e ostacolo alla vigilanza.

L’accusa era quella dei «finanziamenti baciati», dei crediti, cioè, concessi in modo privilegiato a chi accettava in contemporanea di acquistare azioni della banca, a un prezzo del tutto irrealistico rispetto ai veri valori del mercato. Gli istituti parevano così di sana e robusta costituzione, mentre in realtà si aprivano buchi paurosi nei bilanci. Una prassi questa che accomunava Veneto Banca a Popolare Vicenza e ha portato poi alla cancellazione dei rispettivi management dell’epoca, investiti da indagini delle procure e dalle ispezioni di Bankitalia.

Il 3 febbraio 2015 Consoli deve già sentire abbondante puzza di bruciato, tanto da cercare contatti conla politica per salvarsi. Lo si capisce dalla telefonata che quel giorno intavola con tale Vincenzo, che gli investigatori identificano come un dirigente di Banca d’Italia. Si parla appunto di come trovare l’aggancio giusto per arrivare fino al premier.

E si ipotizza una cordata che intervenga in Etruria. «Venditela in qualche modo - suggerisce l’interlocutore a Consoli - fai sapere a chi di dovere che sei pronto domani mattina, tanto poi se non si fa, è colpa di Vicenza». Vicenza è ovviamente la Popolare di Vicenza, che qualche mese prima, fra maggio e giugno, aveva trattato la fusione con Bpel, salvo poi fuggire precipitosamente quando il Cda aretino aveva posto un minimo di condizioni per concludere l’affare. «Un’Opa è un’Opa», aveva sibilato Gianni Zonin, il presidente, nel corso di un’infuocata riunione in Banca d’Italia, per giustificare il suo ritiro.

A febbraio sembra esserci un ritorno di fiamma, ma chissà se è solo paglia per arrivare al vero tema, cioè l’incontro con Renzi. «Si tratta di farlo sapere a Matteo. Perchè quello è vendicativo e che questa cosa gli sfugga lo farà incaz... da morire». Consoli ribatte che «ho chiesto a diverse persone di farmi incontrare Renzi. Però non riesco».

L’altro lo consiglia: «Chiedilo tramite lui (babbo Boschi Ndr), perchè lui sta in presa diretta». INFATTI un’ora e mezzo dopo il dg di Veneto Banca chiama un uomo dal forte accento toscano che per gli inquirenti è Pierluigi Boschi: «Novità sul nostro fronte?». La risposta è: «E’ stato fatto un passaggio sulla capitale, ma per mettersi insieme occorre un aumento di capitale garantito da un consorzio. Altrimenti Bce non dà il via libera».

Allora Consoli arriva al quid, con la preghiera «di far presente al presidente Renzi la propria disponibilità a un incontro». La risposta è che la chiamata avverrà l’indomani. E chissà come è finita. Fatto sta che l’11 febbraio in Banca Etruria arrivano i commissari. Papà Boschi è fuori gioco, anche Consoli perde un interlocutore.