Tragedia S.Leo, corteo e rose anti-sentenza: il sindaco c'è, il papà di Letizia no / FOTO

Cartelli e lenzuola chiedono giustizia, emozione sul punto in cui la ragazza e la mamma furono uccise. Nel mirino lo sconto di pena all'investitore

Il corteo con le rose bianche

Il corteo con le rose bianche

Arezzo, 2 maggio 2017 - Marciano con un fiore in mano. Una rosa bianca, la specie e il colore che quasi senza nominarla sembrano riportare in mezzo a San Leo la loro Letizia: lei, la bambina morta travolta da una minicar, insieme alla mamma. Marciano con un fiore in mano, Marciano in silenzio.-

E' il giorno del corteo di protesta contro la sentenza sulla tragedia di San Leo. Si è mosso alle 18 dall'oratorio di San Leo fino al luogo dell'incidente.

Marciano in silenzio, affidando le parole a qualche semplice cartello. "Basta con le riduzioni di pena, basta con le ingiustizie".Non offendono nessuno,ma gridano dal cartello che sentono offesa la propria fame di giustizia. A sventolare il cartello è una mamma. E l'anima di questo piccolo corteo sono proprio le mamme della scuola, la scuola di Letizia, accompagnate dai loro ragazzi.

La riduzione di penasono quei quattro anni tolti all'investitore di Letizia e Barbara tra il primo grado e l'appello. "Vogliamo leggi che ci tutelino" dice il cartello in mano ad un signore robusto, con la giacca rossa. E avverti che quel colore, come la rosa bianca, ha un suo messaggio, forse il pizzico di rabbia che fa camminare la gente.

Alle 18, la stessa ora di quell'incidente che ha straziato San Leo. ED che lì confluisce, a ridosso del punto nel quale Letizia e la mamma Barbara erano state travolte dalla minicar di Alexe Donut. In testa al corteo il sindaco Alessandro Ghinelli e il vicesindaco Gianfrancesco Gamurrini. Al centro le amiche di scuola di Letizia e le mamme, che per prime hanno voluto questa manifestazione silenziosa e pacata dopo la sentenza di appello. "E' un'occasione per gridare contro questa e tutte le ingiustizie della giustizia" spiegano gli organizzatori. 

"Arezzoi grida giustizia": stavolta il messaggio rimbomba da un lenzuolo, appeso vicino al punto dell'incidente. Sotto vengono sistemate le rose bianche, bioanche le rose, rosso fuoco il grido di protesta. Il bianco e il rosso sembrano rincorrersi nel tardo pomeriggio di San Leo. Tra la gente ci sono anche tante nonne, e hai i brividi all'idea di quale legame si possa creare tra una persona anziana e una bambina come Letizia. E di dove possa arrivare la sofferenza quando quel legame venga reciso.

Ne sa qualcosa Luca, il babbo di Letizia, il marito di Barbara: lui al corteo non c'è. Un po' forse per non rivivere fino in fondo i giorni della tragedia, il marciapiede, il punto dell'incidente. Un po' perché fedele al suo principio da sempre: niente mi ridà quello che ho perso. No, neanche una sentenza esemplare. Anche se quei cinque anni di carcere per la morte delle sue donne gli sono risuonati addosso come uno schiaffo. L'ultimo schiaffo: sgradevole, stonato davanti a quelle rose bianche che sfilano in silenzio.

LA SENTENZA. Pena ridotta di 4 anni, maxi sconto per Danut Alexe, che il 31 gennaio 2016 uccise con la sua minicar mamma e figlia che stavano passeggiando sul marciapiede di ritorno a casa a San Leo, ha affrontato il processo in Corte d’Appello a Firenze chiedendo una diminuizione della pena. Per quel duplice omicidio colposo aggravato era stato condannato in primo grado a nove anni e due mesi di reclusione. In appello ha ottenuto la riduzione di quattro anni, praticamente siamo di fronte ad una pena dimezzata.

Il romeno si è presentato davanti alla corte d’appello in costituzione collegiale assistito dall’avvocato fiorentino Carmen Capoccia che ha chiesto un alleggerimento della pena. In primo grado, con rito abbreviato il gup Piergiorgio Ponticelli aveva condannato Alexe a nove anni e due mesi, la pubblica accusa sostenuta dal pm Elisabetta Iannelli ne aveva chiesti 12.

Omicidio colposo plurimo il reato, aggravato dalle violazioni al codice stradale e dalla guida in stato di ebrezza. Il procuratore generale aveva chiesto la conferma della sentenza, sono arrivati i quattro anni in meno, le motivazioni entro sessanta giorni. L’esito dell’appello fa discutere, il codice penale prospetta una pena fino a 15 anni quando il reato sia aggravato dall’uso eccessivo di alcol e comporti la morte di più persone. Questo il caso. Il livello dell’alcol nel sangue di Alexe era 1,79 g/l, quasi quattro volte superiore al consentito. Alcol e velocità (60 chilometri orari in centro abitato) che hanno portato il romeno a perdere il controllo della sua minicar, a sbandare e a piombare su mamma e figlia, lasciandole sull’asfalto senza vita.

LA TRAGEDIA. Nessuno può dimenticare quel giorno, erano le 18 circa quando Marzanna Barbara Stepien, di 51 anni, insieme alla figlia Letizia Fiacchini di 10, stavano rientrando a casa dopo aver partecipato ad una festa di compleanno. Su di loro piombò la minicar del romeno, che si scoprirà avere nel sangue un livello di alcol superiore quasi quattro volte il consentito. Anche la macchinetta era stata truccata per viaggiare ad una velocità superiore rispetto ai 45 km/h consentiti. Lui viaggiava a 60 nel centro abitato dove, oltretutto, c’è il limite a 50.

La minicar, sulla curva, sbandò e piombò sulla famigliola. In un attimo l’inferno.  Il romeno venne subito arrestato dalla polizia municipale. Il gup stabilì che: «Non merita attenuanti». Il pm Elisabetta Iannelli formulò i due capi di accusa: omicidio colposo plurimo, aggravato dalle varie violazioni al codice stradale e contravvenzione per guida in stato di ebrezza alcolica. Il giudice di primo grado ha negato le attenuanti generiche.