Psicologa in classe come maestra? Il caso verso la prescrizione

Storia arrivata fino in cassazione ma ormai l'estinzione del reato è vicina. Il preside Tagliaferri già assolto dal rifiuto di atti d’ufficio, ora il terzo grado

LUCIANO TAGLIAFERRI Il preside del liceo artistico

LUCIANO TAGLIAFERRI Il preside del liceo artistico

Arezzo, 10 gennaio 2018 - Giusto o sbagliato che fosse, per lo psicologo in classe al Convitto senza che le famiglie (lo denuncia una coppia di genitori ma gli altri contestano) ne sapessero niente, non pagherà nessuno. L’udienza preliminare in cui due direttori del convitto, alcuni insegnanti e la stessa psicologa (travestita da insegnante) sono sotto accusa non comincia nemmeno per il solito vizio di procedura ma già incombe la prescrizione. La non punibilità degli eventuali reati scatterà fra un paio di mesi, tre secondo altre interpretazioni.

Se i protagonisti saranno prosciolti dal Gup Giampiero Borraccia nella prossima udienza del 20 febbraio, ne usciranno con tutti gli onori. E anche nella peggiore delle ipotesi per loro, il rinvio a giudizio, il processo si interromperà per l’estinzione dell’ipotesi di violenza privata.

Dire che la storia si trascina da anni e che l’ultima parola, l’aveva detta in settembre addirittura la cassazione, che aveva dato ragione al ricorso con il quale l’avvocato della coppia, Roberto Alboni, aveva appellato un primo proscioglimento di un altro Gup, Anna Maria Lo Prete. No, avevano spiegato i giudici del Palazzaccio, la presenza di una psicologa in classe quando le famiglie non lo sanno rappresenta un tipico caso di violenza privata.

Rigettando nel gorgo protagonisti che speravano di essere usciti dal caso, in primis il più popolare, il preside del Liceo Artistico Luciano Tagliaferri, in questo caso nelle vesti di direttore del Convitto. La querelle risale all’anno scolastico 2010-2011. Uno studente finisce nel mirino per il suo comportamento esuberante. La direttrice dell’epoca (cui poi succedette Tagliaferri) decise insieme alle maestre di far osservare i bimbi da una psicologa, presentata come insegnante aggiuntiva.

I genitori del ragazzino chiedono una copia della relazione a Tagliaferri, lui si schermisce: non ne so niente. Finchè un’altra maestra, parente del bimbo, non ne tira fuori una copia. La storia è finita in procura, col preside accusato di rifiuto di atti d’ufficio. Il Pm Elisabetta Iannelli chiede l’archiviazione, il Gup Ponticelli ordina l’imputazione coatta (Tagliaferri ne è stato assolto in appello, ora siamo in cassazione) ma dispone si indaghi sugli altri per violenza privata.