Pionta, la protesta dell'università: "Noi lasciati soli". Il sogno del campus

La direttrice Loretta Fabbri e il degrado: "Abbiamo fatto la nostra parte. Tanti incontri tra enti, pochi risultati". Ora la grande occasione della Cina: "Non perdiamola"

La professoressa Loretta Fabbri

La professoressa Loretta Fabbri

Arezzo, 25 febbraio 2017 - Degrado al Pionta? «Si, ma l’università in questi anni ha fatto la sua parte provvedendo a proprie spese alla pulizia delle aree verdi e all’illuminazione delle nostre tre palazzine» sono le parole della professoressa Loretta Fabbri, direttore del dipartimento aretino dell’Università di Siena. «Del resto era il minimo che potessimo offrire ai nostri 1300 studenti, manutenzione e luce. Alle 17 in inverno abbiamo bisogno che camminino in un luogo sicuro».

«Ma noi, pur di rendere l’area all’altezza della sua storia e del suo prestigio, avremmo provveduto ad allargare i nostri interventi. Ma essendo Comune e Asl coinvolti è un problema anche solo cambiare una lampadina sul viale di accesso» continua la professoressa. «Sono rammaricata che i grossi incontri fatti non abbiano dato i risultati sperati e non abbiano portato ad un accordo per le cose essenziali, quotidiane. Sono una persona concreta e credo che nella vita si debba iniziare dalle piccole cose per raggiungere quelle più grandi. In questo caso le essenziali sono la pulizia e l’illuminazione».

«Abbiamo più volte chiesto all’Asl, in quanto proprietaria, la ripulitura della palazzina proprio dietro l’università, la vecchia cucina dell’ospedale psichiatrico, ora completamente in malora, crollata su se stessa, dove si accumula sporcizia e si annidano topi. Ma niente». «Il nostro obiettivo sarebbe quello di restituire il Pionta alla città, in quanto Parco della formazione, da sempre luogo di apprendimento e di cultura».

Il desiderio, di molti, sarebbe quello di trasformarlo in un vero campus universitario, con tanto di alloggi. Qualcosa, almeno nei sogni si sta smuovendo. «Il 3 marzo ci sarà l’inaugurazione dell’anno accademico, nell’occasione verranno a trovarci due università cinesi, con una delle quali siamo già gemellate. In attesa anche dell’altro gemellaggio, hanno espresso la volontà di una collaborazione per la realizzazione di strutture e servizi funzionali per una internazionalizzazione del Camus. Sarebbero disponibili ad un progetto di ristrutturazione di eventuali edifici funzionali al progetto», un sogno che diventerebbe realtà.

«Certo, prosegue la professore, non posso nascondere che in occasione della visita mi preoccupa che possano vedere le aree degradate. Comunque, la loro proposta sarebbe una grandissima opportunità. Dopo il 3 marzo capiremo le loro reali intenzioni, dopodiché sarà la volta di comprendere se Arezzo vorrà cogliere questa opportunità o meno.Ma intanto partiamo dal piccolo per poi pensare al progetto più grande».

di Gaia Papi