Morì d'infarto a 39 anni dopo essere stato dimesso dall'ospedale: il caso torna dal Gip

Il Pm aveva chiesto l'archiviazione, l'avvocato della famiglia un supplemento di indagine per una superperizia: domani la decisione

Stefano Rofani

Stefano Rofani

Arezzo, 20 febbraio 2017 - Dimesso dall’ospedale, morì poco dopo d’infarto a 39 anni. In auto, accanto alla madre. Il caso torna in tribunale. L’udienza è domani. Il giudice dovrà decidere se archiviare il caso o accordare il supplemento di indagine richiesto dalla famiglia.

Era il 6 ottobre 2014 quando il cortonese Stefano Rofani perse la vita. Il malore fatale poche ore dopo essere stato visitato, e dimesso con codice verde e una diagnosi di ernia iatale, dal pronto soccorso della Fratta. Perse i sensi e morì al volante della propria auto mentre tornava a casa con la madre.

Prima della fine si era fatto visitare in ospedale in altre due occasioni distinte per un forte dolore al torace. La famiglia è convinta che se Stefano fosse stato ricoverato durante l’ultimo accesso in ospedale, sarebbe ancora vivo.

La vicenda legale per conto della parte offesa è seguita dall’avvocato Gabriele Zampagni. Accusati 4 tra medici e infermieri. Prima la riesumazione del cadavere, poi una perizia di parte nella quale il professor Gaetano Thiene certificava che Rofani avrebbe potuto salvarsi. Ma la Pm Falcone aveva chiesto l’archiviazione sostenendo la mancanza di un nesso causale tra la dimissione dall’ospedale e il decesso e che il cortonese non si sarebbe comunque salvato a causa di una anomalia cardiaca.

La famiglia di Rofani si è opposta all’archiviazione e ha chiesto un supplemento di indagini da affidare ad una equipe con un esperto cardiologo. Il giudice ha ritenuto ammissibile l’opposizione e ha rinviato a domani la decisione.