Parla l'assassina: "Non volevo uccidere: picchiata ma pensavo che il fucile fosse scarico"

Paola Marzenta ha ucciso il marito Dino Gori: dopo due mesi risponde al Pm. "Lui rideva, mi invitava a caricare cartucce più grosse: poi il colpo. Ho tentato il suicidio"

Dino Gori

Dino Gori

Arezzo, 16 dicembere 2016 - "Mi aveva picchiato durante un litigio, il fucile era sul tavolo: mninacciava di usarlo, l'ho preso io". Paola Marzenta rompe il silenzio che si era imposta dai giorni del delitto: da quella metà di ottobre nella quale la donna di 58 anni aveva sparato, uccidendo l'ex marito Dino Gori, 64 anni, pensionato ed ex maresciallo dell'Aeronautica.

Un silenzio rotto davanti al Pm Andrea Claudiani, che l'ha ascoltata nel carcere di Sollicciano. Un racconto drammatico e del quale filtrano alcune parti. Ho imbracciato quel fucile, ha cominciato a ridere, mi invitava a caricarlo con le cartucce più grosse. Per questo pensavo fosse scarico, mi è partito un colpo". Forse nella concitazione, forse per sbaglio. Un colpo fatale.

«Carica le cartucce più grosse e sparami se hai il coraggio». Una scena che Paola Marzenta racconta nei dettagli. «Pensavo che il fucile fosse scarico, volevo solo fargli paura e ho premuto il grilletto solo per dimostrargli che le sue minacce non mi facevano paura, ma quando ho realizzato che il colpo era partito per davvero, ho pensato di togliermi la vita».

Secondo la ricostruzione della donna, che il 18 ottobre ha ucciso il marito a Lonnano, nel comune di Pratovecchio, l’omicidio non sarebbe quindi volontario. «Dino mi aveva minacciato dopo l’ennesimo litigio scoppiato per motivi di convivenza, minacciando di spararmi se non me ne fossi andata dal suo fondo e se avessi continuato a parlare».

Durante un primo litigio, ha rivelato di aver ricevuto anche delle botte, forse «una manata», motivo per cui più tardi sarebbe ripresa la discussione. «Appena ho realizzato di aver ucciso Dino, ho immediatamente provato ad aprire il fucile per caricarlo di nuovo con le cartucce che avevo visto dentro l’armadietto, ma non ci sono riuscita – ha spiegato la donna – non avevo mai maneggiato un’arma e non sono stata in grado di uccidermi. Ma giuro che volevo farlo».

Assistita dal suo avvocato, Saverio Agostini, la donna fino a ieri si era avvalsa della facoltà di non rispondere lasciando intendere solo che l’omicidio era avvenuto durante una lite. Dunque sotto l’effetto di una provocazione: e ora aggiunge anche che pensava di impugnare un fucile scarico. Come dire: non volevo uccidere. 

Intanto è tornata ritornando a quella giornata, a Campolungo di Lonnano, una località montana sopra Pratovecchio, finita davanti ai carabinieri, quando si era andata a costituire. Da allora la donna, un'imprenditrice agricola, titolare di un allevamento ovino, si trova in carcere a Firenze.

Conferma le tensioni in casa, le liti continue: lo sfondo di un delitto che però alla fine sfocia in quel colpo di fucile. E al dolore straziante del figlio Andrea, ritrovatosi di fronte alla più terribile delle tragedie, il babbo ucciso e la mamma in carcere.