Maxi-sequestro di bestiame nella "fattoria lager"? L'azienda non ci sta: solo un equivoco

Operazione condotta dai carabinieri forestali e dai Nas. Oltre mille capi, accuse di maltrattamento e abbandono, sigilli al pecorino dietro un agriturismo "modello"

Il sequestro all'allevamento

Il sequestro all'allevamento

Arezzo, 22 agosto 2017 - Circa mille capi di bestiame sono stati sequestrati dalla Procura di Arezzo e insieme è stato chiuso a Castiglion Fibocchi un laboratorio per la produzione di formaggi. Un'indagine nata dai carabinieri forestali della Procura e dal gruppo carabinieri forestali di Arezzo, in collanborazione con i Nas di Firenze.

Si tratta probabilmente del sequestro di animali vivi più grosso mai fatto in provincia. L'operazione è stata condotta stamattina su disposizione del giudice per le indagini preliminari Giampiero Borraccia e su richiesta del pubblico ministero Angela Masiello.

Tre i reati ipotizzati. Uno è la detenzione incompatibile con la natura degli animali e causa di gravi sofferenze. Il bestiame si è presentato davanti ai controlli in condizioni scadenti, mal nutrito, alimentato con mangiatoie tali da arrecare lesioni, dentro ricoveri privi di un fondo impermeabile con inevitabili difficoltà si adi lavaggio degli animali sia di cura delle infezioni.

Altro reato contestao è l'uccisione di animali mediante condotte omissive: scarso cibo, prolungato stato di abbandono, inadeguatezza sul piano igienico sanitario. Ai militari presentatisi nell'allevamento è risultata la morte di 92 capi di pecore e capre nel giro di pochi mesi.

Terzo reato contestato il maltrattamento diffuso mediante le solite condotte omissive. Oltre ai rilievi precedenti evidenziate malattie elesioni, gravi zoppie, mammelle sature e prolifeazione di agenti infettanti. Rilievi davanti ai quali il Gip ha disposto il sequestro preventivo di tutti i capi di bestiame detenuti. Stamattina carabinieri forestali e Nas hanno eseguito il provvedimento, mettendo i sigilli all'intero allevamento. Durante il sequestro sarà la Asl a impartire prescrizioni al custode e vigilare che vengano eseguite.

Nell'allevamento c'è un laboratorio per la produzione di formaggio al cui interno  si trovavano oltre duecento forme di formaggio realizzate con latte proveniente dagli ovicaprini sequestrati e almeno in parte contaminati dal batterio coxiella burneti. Da qui la chiusura dei locali  per somministrazione di alimenti contenenti sostanze pericolose per la salute umana.

Tutto in un "agriturismo-paradiso", nella pubblicità sorta di Mulino Bianco nel cuore della campagna di Castiglion Fibocchi, alle falde del Pratomagno: casali riattati, cavalli, pecore e agnelli in primo piano, sotto uno slogan che recita «allevamento responsabile».  Non esattamente la stessa immagine che dell’azienda agricola «Il Prato», con annesso agriturismo a quattro stelle Tripadvisor esce dall’ordinanza con cui il Gip Giampiero Borraccia.

L’indagine, di cui l’avvocato difensore del «Prato», Francesco Cherubini, dubita assai («E’ una fattoria modello, qui c’è un grosso equivoco»), nasce lo scorso gennaio proprio ad opera della Forestale, in particolare del nucleo di polizia giudiziaria della procura. Un quadro dinanzi al quale però l’azienda-agriturismo non si arrende. Nessuno, a parte le poche parole dell’avvocato Cherubini che difende il legale rappresentante denunciato, parla ufficialmente, ma fonti informali non nascondono il loro scetticismo. Anche perchè ne va dell’immagine da fattoria ecosostenibile che «Il Prato» ha cercato di costruirsi negli anni.

I nostri animali, si spiega, sono seguiti 24 ore su 24 da un’equipe di 4 veterinari, coordinati dall’ufficio zooprofilattico dell’università di Perugia. E allora come si spiegano le pessime condizioni di bovini e pecore? Quegli animali, è la replica, noi li abbiamo probabilmente acquistati da altri allevatori, come facciamo abitualmente, quando già erano in quelle condizioni, senza dopo avere il tempo per rimetterli in buona forma fisica. E le lesioni? Potrebbero essere la conseguenze degli animali che stringono contro la rete che li indirizza verso le mangiatoie. Quanto al formaggio, secondo le stesse fonti, non era destinato alla commercializzazione ma solo una prova per il futuro: se c’era dentro la coxiella, può essere dipeso ancora dal fatto che bovini e ovini l’avessero già quando sono arrivati all’allevamento del «Prato».

In pratica un diniego su tutta la linea che potrebbe preludere a un ricorso al tribunale del Riesame contro il provvedimento di sequestro.Ma le fonti inquirenti si dicono sicure di aver colto nel segno.